12 Luglio 2018 – Giovedì, XIV del Tempo Ordinario – (Os 11,1-4.8c-9; Sal 79[80]; Mt 10,7-15) – I Lettura: «Si ha qui la prima testimonianza del tema dell’amore di Dio come causa dell’elezione di Israele, dottrina che sarà abbon-dante-mente sviluppata dal Deuteronòmio. Per Osèa, la vera storia d’Israele comincia con l’uscita dall’Egitto. Tutto questo brano descrive l’epoca d’oro del deserto. Delle gesta dei patriarchi, Osèa sembra aver conosciuto o conservato, solo tratti negativi» (Bibbia di Gerusalemme, nota). Salmo: “Tu, che hai per il tuo popolo la sollecitudine di un pastore per il suo gregge, ti prego, ascolta la mia preghiera” (Atanasio). Vangelo: Tutto il capitolo 10 di Matteo è incentrato sul primo mandato missionario di Gesù ai suoi apostoli. Nei due versetti precedenti al brano riportato oggi, a differenza di Mc, Gesù raccomanda di non andare fra i pagani e nelle città dei Samaritani: con questa espressione il maestro vuole sottolineare che i primi a ricevere l’annunzio devono essere le “pecore perdute della casa d’Israele”, come eredi dell’elezione e delle promesse.
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglie e non dà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. In verità io vi dico: nel giorno del giudizio la terra di Sòdoma e Gomorra sarà trattata meno duramente di quella città».
Riflessione: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date». Quanto sarebbe bello se riuscissimo a vivere il nostro quotidiano in questa dimensione di gratuità! A volte pensiamo che i pensieri diabolici, opposti a Dio, siano insinuati in chissà quali peccati, di quale entità e gravità: odio profondo, rancori insanabili, omicidi, adulteri, latrocini di ogni genere… in tutto questo riconosciamo facilmente l’assenza di Dio, della sua volontà, dei suoi progetti. Ma quanto difficilmente scorgiamo il nostro peccato in situazioni apparentemente tranquille, immerse in un quotidiano che non fa male a nessuno, che non turba e non disturba! Eppure è in questo quotidiano che ritroviamo gli ostacoli maggiori alla nostra santità. Se per essere santi basterebbe non rubare e non uccidere, allora perché non siamo santi? Se basterebbe andare a Messa e confessarci ogni tanto, o recitare il Rosario o altre preghiere, perché facendo con cura e devozione tutto questo, ancora non siamo santi? Se basterebbe comportarsi bene, seguendo le leggi civili, compiendo qualche buona azione ed evitando di mettersi in situazioni o discorsi inutili o illeciti, perché ancora non sono evidenti in noi i segni di una santità vissuta, consumata, testimoniata? Ecco perché è importante il brano evangelico che oggi la Liturgia ci propone, ecco perché dobbiamo cercare di dare delle risposte concrete alle domande che ci siamo posti. Bisogna partire proprio dalla gratuità con cui Dio ci ama, con cui Dio ci perdona, ci redime, ci salva, ci apre le porte eterne del Paradiso; bisogna partire dalla gratuità del dono della Chiesa, del dono della Mamma celeste; dalla gratuità dei Sacramenti, del Battesimo che ci innesta nella sua vita divina, della Penitenza che ci riconcilia con il Padre, dell’Eucarestia che ci rende una sola carne con il Figlio; del dono della Parola che agisce in modo efficace per opera dello Spirito Santo e ci trasforma… Quanti doni, quanta gratuità, e non solo senza alcuna nostra richiesta, senza alcun nostro merito, ma anche una gratuità nonostante ogni nostro demerito: una gratuità che è misericordia! Amare come Dio, essere santi, significa non fermarsi ai doveri ma donarsi senza misura: un amore incondizionato, generoso, totale.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La provvidenza e lo scandalo del male – CCC 309-314: Se Dio Padre onnipotente, Creatore del mondo ordinato e buono, si prende cura di tutte le sue creature, perché esiste il male? A questo interrogativo tanto pressante quanto inevitabile, tanto doloroso quanto misterioso, nessuna risposta immediata potrà bastare. È l’insieme della fede cristiana che costituisce la risposta a tale questione: la bontà della creazione, il dramma del peccato, l’amore paziente di Dio che viene incontro all’uomo con le sue alleanze, con l’incarnazione redentrice del suo Figlio, con il dono dello Spirito, con la convocazione della Chiesa, con la forza dei sacramenti, con la vocazione ad una vita felice, alla quale le creature libere sono invitate a dare il loro consenso, ma alla quale, per un mistero terribile, possono anche sottrarsi. Non c’è un punto del messaggio cristiano che non sia, per un certo aspetto, una risposta al problema del male. Ma perché Dio non ha creato un mondo a tal punto perfetto da non potervi essere alcun male? Nella sua infinita potenza, Dio potrebbe sempre creare qualcosa di migliore. Tuttavia, nella sua sapienza e nella sua bontà infinite, Dio ha liberamente voluto creare un mondo «in stato di via» verso la sua perfezione ultima. Questo divenire, nel disegno di Dio, comporta, con la comparsa di certi esseri, la scomparsa di altri, con il più perfetto anche il meno perfetto, con le costruzioni della natura anche le distruzioni. Quindi, insieme con il bene fisico esiste anche il male fisico, finché la creazione non avrà raggiunto la sua perfezione. Gli angeli e gli uomini, creature intelligenti e libere, devono camminare verso il loro destino ultimo per una libera scelta e un amore di preferenza. Essi possono, quindi, deviare. In realtà, hanno peccato. È così che nel mondo è entrato il male morale, incommensurabilmente più grave del male fisico. Dio non è in alcun modo, né direttamente né indirettamente, la causa del male morale. Però, rispettando la libertà della sua creatura, lo permette e, misteriosamente, sa trarne il bene: «Infatti Dio onnipotente […], essendo supremamente buono, non permetterebbe mai che un qualsiasi male esistesse nelle sue opere, se non fosse sufficientemente potente e buono da trarre dal male stesso il bene». Così, col tempo, si può scoprire che Dio, nella sua provvidenza onnipotente, può trarre un bene dalle conseguenze di un male, anche morale, causato dalle sue creature: «Non siete stati voi a mandarmi qui, ma Dio. […] Se voi avete pensato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene […] per far vivere un popolo numeroso» (Gen 45,8; 50,20). Dal più grande male morale che mai sia stato commesso, il rifiuto e l’uccisione del Figlio di Dio, causata dal peccato di tutti gli uomini, Dio, con la sovrabbondanza della sua grazia, ha tratto i più grandi beni: la glorificazione di Cristo e la nostra redenzione. Con ciò, però, il male non diventa un bene. «Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rm 8,28). La testimonianza dei santi non cessa di confermare questa verità: Così santa Caterina da Siena dice a «coloro che si scandalizzano» e si ribellano davanti a ciò che loro capita: «Tutto viene dall’amore, tutto è ordinato alla salvezza dell’uomo, Dio non fa niente se non a questo fine». E san Tommaso Moro, poco prima del martirio, consola la figlia: «Non accade nulla che Dio non voglia, e io sono sicuro che qualunque cosa avvenga, per quanto cattiva appaia, sarà in realtà sempre per il meglio». E Giuliana di Norwich: «Imparai dalla grazia di Dio che dovevo rimanere fermamente nella fede, e quindi dovevo saldamente e perfettamente credere che tutto sarebbe finito in bene […]. Tu stessa vedrai che ogni specie di cosa sarà per il bene». Noi crediamo fermamente che Dio è Signore del mondo e della storia. Ma le vie della sua provvidenza spesso ci rimangono sconosciute. Solo alla fine, quando avrà termine la nostra conoscenza imperfetta e vedremo Dio «a faccia a faccia» (1Cor 13,12), conosceremo pienamente le vie lungo le quali, anche attraverso i drammi del male e del peccato, Dio avrà condotto la sua creazione fino al riposo di quel Sabato definitivo, in vista del quale ha creato il cielo e la terra.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Per far sì che gli Apostoli abbiano pieno credito ovunque, dice loro: “Sanate infermi, risuscitate morti, mondate lebbrosi, scacciate demòni; gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” [Mt 10,8]. Notate: Gesù ha cura di formarli non meno che di far compiere loro quei miracoli; perciò mostra loro che i prodigi non sono niente se non sono accompagnati da una vita onesta: “Gratuitamente avete ricevuto – egli dice – gratuitamente date”. Con queste parole reprime la loro vanità e provvede a tenerli lontani dall’avidità dei beni. Perché non pensino che così grandi miracoli siano opera loro, e quindi non se ne glorino, egli sottolinea: “Gratuitamente avete ricevuto”: cioè voi non darete niente di vostro a coloro che riceveranno la vostra opera, e i miracoli che compirete non saranno frutto e ricompensa delle vostre fatiche. È per mia grazia che li farete; e questa grazia ricevuta da me gratuitamente, gratuitamente dovrete distribuirla agli altri. D’altra parte non è possibile trovare e ottenere un prezzo degno dei doni che voi darete”» (San Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Non procuratevi oro né argento – Catechismo degli Adulti 1121: La condanna della ricchezza disumana attraversa tutto l’Antico Testamento. L’avidità rende ansiosi di accumulare, magari con la frode e la prepotenza; sfrutta i poveri o li umilia con lo spreco ostentato. I ricchi confidano nei loro mezzi; non si curano di Dio, lo dimenticano e lo rinnegano. «L’uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono» (Sal 49,21). «Chi confida nella propria ricchezza cadrà» (Pr 11,28). Nel Nuovo Testamento, Gesù invita a confidare in Dio, Padre sempre premuroso e vicino, e a vivere nel presente liberi dall’ansia per il domani.
Santo del giorno: 12 Luglio – Sant’Agnese Le Thi Thanh (De), Madre di famiglia, martire: Assai difficile è sempre stato reperire notizie certe sui martiri, sin dai primi secoli dell’era cristiana, e questo problema sussiste però talvolta anche per martiri dell’epoca moderna, soprattutto se vissuti in qualche angolo sperduto del pianeta, proprio come Santa Agnese Le Thi Thanh, di nazionalità vietnamita. Agnese nacque nel 1781 circa a Ba Den, nei pressi di Tranh Hoa in Vietnam. Madre di famiglia, all’età di sessant’anni anni fu imprigionata e sottoposta a crudeli torture per aver nascosto in casa sua un sacerdote. Rifiutatasi di rinnegare la fede cristiana, morì in carcere nella provincia di Ninh Binh nel Tonchino sotto l’imperatore Thieu Tri in data 12 luglio 1841. Agnese Le Thi Thanh fu canonizzata da Papa Giovanni Paolo II il 19 giugno 1988 con altri 116 martiri che avevano irrorato con il loro sangue la sua patria vietnamita. Il gruppo, noto con il nome “Santi Andrea Dung Lac e compagni”, è festeggiato comunemente dal calendario liturgico latino al 24 novembre. Sant’Agnese è invece festeggiata singolarmente al 12 luglio dal Martirologio Romano.
Preghiamo: O Dio, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato l’umanità dalla sua caduta, donaci una rinnovata gioia pasquale, perché, liberi dall’oppressione della colpa, partecipiamo alla felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…