10 Luglio 2018 – Martedì, XIV del Tempo Ordinario – (Os 8,4-7.11-13; Sal 113B[115]; Mt 9,32-38) – I Lettura: Nel brano del profeta Osèa si ripete l’accusa che Dio fa al suo popolo perché si dà all’idolatria, divinità che non sanno e non possono salvare. La disobbedienza a Dio e il culto agli idoli rivela un Dio geloso, che insiste fino alla violenza per essere l’unico Dio di Israele, ricordando continuamente come l’infedeltà abbia sempre portato alla rovina mentre la fedeltà alla salvezza e alla gloria. Salmo: “Il profeta mostra che i fatti narrati storicamente debbono essere compresi spiritualmente. Il salmo commemora l’esodo dall’Egitto, ma significa per noi ben di più della liberazione dall’Egitto: siamo stati liberati dalle tenebre dei nostri peccati per mezzo del battesimo” (Girolamo). Vangelo: Il Vangelo ci racconta la guarigione di un indemoniato muto provocando reazioni diverse nei farisei e nella folla. Mentre i farisei, di fronte alla prova innegabile di un miracolo, la attribuiscono a poteri demoniaci, la folla è stupita. Ciò che infastidiva i farisei è che consideravano Gesù superiore a tutti i profeti esistiti.
La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, presentarono a Gesù un muto indemoniato. E dopo che il demonio fu scacciato, quel muto cominciò a parlare. E le folle, prese da stupore, dicevano: «Non si è mai vista una cosa simile in Israele!». Ma i farisei dicevano: «Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni». Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità. Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».
Riflessione: «Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite». Quando si leggono i vangeli, non si può non restare sorpresi nel constatare con quale frequenza Gesù lascia trasparire la sua compassione, di fronte alle più diverse situazioni umane di sofferenza, fisica o morale che sia. Gesù era davvero esperto di compassione. Nel linguaggio del Vangelo, compassione è una parola che ha a che vedere con “viscere”. È un sentimento, o meglio uno sconvolgimento che prende nell’intimo: “viscerale” appunto. Nel racconto della moltiplicazione dei pani, per esempio, è Gesù ad accorgersi della fame di quella folla che ha davanti e a preoccuparsi perché, tornando ciascuno ai propri villaggi, potrebbe venir meno per la strada (cfr. Mt 15,32). Qui allora possiamo trarre due conclusioni: compassione per Gesù è anzitutto accorgersi del bisogno, dell’attesa, delle esigenze delle persone che ha davanti. Questo presuppone una capacità di attenzione, una sensibilità che sa percepire la situazione dell’altro con una certa immediatezza, e passa dal sentimento all’azione in modo del tutto spontaneo e naturale. Infatti, Gesù non “volta pagina”, non “cambia canale”: passa dal sentimento all’intervento, all’azione concreta. Gesù osserva le folle ma non vede una massa: scorge ad uno ad uno i bisogni di tutti, se ne fa carico, se ne prende cura. E qui andiamo alla seconda conclusione: compassione, per Gesù, significa azione, decisione, fare qualcosa. La differenza tra il sentimento della compassione e la virtù della compassione sta tutta qui: è facile provare sentimenti di compassione, intenerirsi, commuoversi e magari anche piangere. Ma la vera compassione, quella che rende il nostro cuore simile al Cuore di Cristo ha una urgenza, una necessità: agire! Per compassione il Verbo si è fatto carne, è salito sulla Croce, ha pagato col sangue il prezzo del nostro riscatto! Per compassione si è fatto Comunione con noi, per noi, donandoci tutto. La compassione è la molla che fa scattare la missionarietà, la forza che dona perseveranza, la luce che illumina le scelte. Solo accogliendo la gratuita e misericordiosa compassione divina, imparando da Gesù ad amare con compassione, saremo suoi veri discepoli.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Egli scaccia i demòni per opera del principe dei demòni – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 20 Agosto 1986): Tutta la storia dell’umanità si può considerare in funzione della salvezza totale, nella quale è iscritta la vittoria di Cristo sul “principe di questo mondo” (Gv 12,31; 14,30; 16,11). “Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai” (Lc 4,8), dice perentoriamente Cristo a satana. In un momento drammatico del suo ministero, a chi lo accusava in modo sfacciato di scacciare i demòni perché alleato di Beelzebul, capo dei demòni, Gesù risponde con quelle parole severe e confortanti insieme: “Ogni regno discorde cade in rovina, e nessuna città o famiglia discorde può reggersi. Ora, se satana scaccia satana, egli è discorde con se stesso. Come potrà dunque reggersi il suo regno? … E se io scaccio i demòni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio” (Mt 12,25-26.28). “Quando un uomo forte, bene armato fa la guardia al suo palazzo, tutti i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa l’armatura nella quale confidava e ne distribuisce il bottino” (Lc 11,21-22). Le parole pronunciate da Cristo a proposito del tentatore trovano il loro compimento storico nella croce e nella risurrezione del Redentore. Come leggiamo nella Lettera agli Ebrei, Cristo si è fatto partecipe dell’uma-nità fino alla croce “per ridurre all’impotenza, mediante la morte, colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo… e liberare così quelli che… erano tenuti in schiavitù” (Eb 2,14-15). Questa è la grande certezza della fede cristiana: “il principe di questo mondo è stato giudicato” (Gv 16,11); “il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo” (1Gv 3,8), come ci attesta san Giovanni. Dunque il Cristo crocifisso e risorto si è rivelato come quel “più forte” che ha vinto “l’uomo forte”, il diavolo, e lo ha spodestato.
… ne sentì compassione – Papa Francesco (Messaggio, 11 Maggio 2014): Il Vangelo racconta che «Gesù percorreva tutte le città… Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il Signore della messe, perché mandi operai nella sua messe”» (Mt 9,35-38). Queste parole ci sorprendono, perché tutti sappiamo che occorre prima arare, seminare e coltivare per poter poi, a tempo debito, mietere una messe abbondante. Gesù afferma invece che «la messe è abbondante». Ma chi ha lavorato perché il risultato fosse tale? La risposta è una sola: Dio. Evidentemente il campo di cui parla Gesù è l’umanità, siamo noi. E l’azione efficace che è causa del «molto frutto» è la grazia di Dio, la comunione con Lui (cfr. Gv 15,5). La preghiera che Gesù chiede alla Chiesa, dunque, riguarda la richiesta di accrescere il numero di coloro che sono al servizio del suo Regno. San Paolo, che è stato uno di questi “collaboratori di Dio”, instancabilmente si è prodigato per la causa del Vangelo e della Chiesa. Con la consapevolezza di chi ha sperimentato personalmente quanto la volontà salvifica di Dio sia imperscrutabile e l’iniziativa della grazia sia l’origine di ogni vocazione, l’Apostolo ricorda ai cristiani di Corinto: «Voi siete campo di Dio» (1Cor 3,9). Pertanto sorge dentro il nostro cuore prima lo stupore per una messe abbondante che Dio solo può elargire; poi la gratitudine per un amore che sempre ci previene; infine l’adorazione per l’opera da Lui compiuta, che richiede la nostra libera adesione ad agire con Lui e per Lui.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Pregate, dunque, il padrone della messe – “Con queste parole fa loro intendere quale grande dono sta per fare, e insieme lascia intravedere che egli stesso ha tale potere. Infatti, dopo aver dato questo avvertimento, senza che essi abbiano in precedenza rivolto una preghiera o una richiesta, egli subito li consacra apostoli, richiamando alla loro mente le parole di Giovanni, l’aia, il ventilabro, la paglia e il buon grano. Tutto questo mostra chiaramente che egli è l’agricoltore e insieme il padrone della messe e il Signore dei profeti che l’hanno seminata. È fuor di dubbio che, inviando gli apostoli a raccogliere la messe, non li invia a mietere la messe di un altro ma ciò che egli stesso ha seminato per mezzo dei profeti. E non si limita a dar coraggio ai discepoli mostrando che il loro lavoro, il loro ministero consiste nella mietitura di una messe già pronta, ma anche li rende atti a questo ministero. «E chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere di scacciare gli spiriti immondi, e di guarire ogni malattia e ogni infermità» (Mt 10,1). Lo Spirito Santo, tuttavia, non era ancora disceso sugli apostoli, lo Spirito Santo non era ancora stato donato, perché Gesù non era stato ancora glorificato (cfr. Gv 7,39). Come potevano, allora, gli apostoli scacciare i demòni? Lo potevano grazie al comando e all’autorità di Cristo. Notate, inoltre, come è opportuno il momento scelto dal Signore per la loro missione. Gesù non li invia a predicare prima, quando essi avevano appena cominciato a seguirlo, ma solo dopo che l’hanno seguito e sono stati sufficientemente insieme con lui; dopo che lo hanno visto risuscitare una persona morta, dare ordini al mare infuriato, scacciare i demòni, sanare il paralitico, rimettere i peccati, guarire il lebbroso. Li invia a predicare e a compiere miracoli, solo dopo aver offerto loro sufficienti prove della sua potenza, sia con le parole sia con le opere” (San Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Pregate – Paolo VI (Messaggio, 10 Aprile 1978): Sì, il Signore ci ha comandato di pregare, e noi preghiamo. Prega la Chiesa in ogni parte del mondo, unita nella stessa fede e nella stessa invocazione, elevando più fervorosamente, in questa Giornata, la sua supplica universale, che non si interrompe mai. Questa preghiera deve farci comprendere e amare più a fondo quanto il Signore ha voluto dire sul dono esaltante e gioioso della vocazione. Egli ha parlato ai suoi primi chiamati. Ha insegnato loro molte cose. Li ha voluti vicino a sé (cfr. Mc 3,13ss.). Li ha illuminati sulla loro vita e la loro missione, quando ha rivolto ai discepoli il messaggio delle beatitudini (cfr. Mt 5,1ss.; Lc 6,20 ss.): il discorso missionario (cfr. Mt 10), ed, in particolare, il testamento sacerdotale, prima della sua immolazione (cfr. Gv 13; 14; 15; 16).
Santo del giorno: 10 Luglio – San Pietro (Vincioli) da Perugia, Monaco: “Fu un monaco-architetto il perugino Pietro Vincioli di cui si ignora la data di nascita. A lui si deve, infatti, la costruzione, nel X secolo, della splendida chiesa di San Pietro (edificio che fu costantemente arricchito nei secoli successivi) con annesso il monastero benedettino di cui lui stesso fu abate. Prima, in quel luogo, esisteva una chiesetta in rovina, che, un tempo, era stata la cattedrale di Perugia. Fu l’allora vescovo Onesto ad affidare al Vincioli la ricostruzione della chiesa. E Pietro vi profuse tutto il dinamismo di un vero e grande impresario edile. Si racconta che proprio durante la costruzione del nuovo luogo di culto egli compì molti prodigi. Ma il santo, morto nel 1009, viene ricordato anche come grande esempio di carità verso i poveri ‘dei quali si occupò costantemente’ e difensore della sua città dalle durissime vessazioni imposte dagli imperatori tedeschi del periodo” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato l’umanità dalla sua caduta, donaci una rinnovata gioia pasquale, perché, liberi dall’oppressione della colpa, partecipiamo alla felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…