7 Luglio 2018 – Sabato, XIII del Tempo Ordinario – (Am 9,11-15; Sal 84[85]; Mt 9,14-17) – I Lettura: ll giorno del giudizio, giorno doloroso della totale disfatta, diventa anche il tempo della grazia, il tempo della restaurazione, della gioia definitiva. Il verdetto di morte è mutato in promessa di vita, la minaccia lascia il posto all’oracolo di consolazione. Per il suo popolo il Signore annuncia un nuovo esodo con un ritorno stabile e definitivo sulla terra, persa e ritrovata; un nuovo regno davidico, dopo che la capanna era caduta e la città ridotta in rovine. Salmo: “La verità era nei cieli, l’ombra e l’immagine della verità erano sulla terra… Ma all’avvento del Signore nostro Dio la verità che discendeva dal cielo è sorta dalla terra e la giustizia ha guardato dall’alto del cielo; l’ombra e la figura sono cadute… Quando si presenta la verità, la figura e l’ombra finiscono” (Origene). Vangelo: Gesù si presenta come lo sposo. Il regno dei cieli è paragonato a un banchetto che il Padre ha preparato per le nozze del Figlio con l’umanità. Digiunare durante un pranzo di nozze non ha senso. Il digiuno cristiano avrà due significati fondamentali: sarà rivolto al passato in quanto commemora la morte di Gesù, ma sarà anche proiettato verso il futuro in quanto è attesa delle nozze definitive dell’Agnello.
Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».
Riflessione: «… si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano». Possiamo prendere spunto dalla disputa di Gesù con i discepoli del Battista, e in particolare sulle conclusioni del Maestro, per riflettere sull’incompa-tibilità dell’uomo vecchio con il nuovo, del pensiero di Dio con la mentalità del mondo. Non vi è possibilità di convivenza, infatti tra Dio e Mammona (cfr. Lc 16,13), tra Cristo e Beliar (cfr. 2Cor 6,15). San Paolo esorta coloro che hanno conosciuto il Cristo «ad abbandonare, con la sua condotta di prima, l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli, a rinnovarvi nello spirito della vostra mente e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella vera santità» (Ef 4,22-24). Gesù ci invita a gioire in un banchetto di cui egli è al contempo lo Sposo e il vero Cibo. Questa affermazione ci porta con la mente a Cana, al banchetto nuziale dove gli invitati stavano per essere costretti ad un digiuno “forzato” per la mancanza di vino. Gesù, cambiando l’acqua in vino, ridona vigore alla festa e lo fa con un vino nuovo, oltremodo buono, abbondante; un vino che viene “dall’alto” come possono testimoniare i servi che avevano attinto dalle brocche. Credere e aderire alla fede in Dio, essere cristiani, significa rinnovare, trasformare, la propria mentalità: non possiamo accogliere il vino nuovo di Cristo negli otri vecchi del nostro stile di vita umano, mondano: siamo nel mondo, ma non siamo del mondo (cfr. Gv 17,11.16) e questo deve essere chiaro an-zitutto a noi, e poi, attraverso la nostra testimonianza, a tutti gli altri. Cambiare mentalità, modo di pensare, di parlare, di agire, cambiare sentimenti, stile di vita, atteggiamenti, perché in tutto emerga che siamo di Cristo e non del mondo, e Cristo è gioia, perdono, comunione, virtù, modestia, purezza, temperanza, mitezza, semplicità. Conservare il dono di Cristo, la sua grazia, la sua Parola, il suo Spirito, in otri nuovi, in un cuore nuovo, in una mentalità nuova, è l’unica possibilità che abbiamo perché tanta grazia non si sprechi, perché tanta misericordia non vada perduta. Conservare il dono di Dio in una novità di vita, quotidiana, costante, senza eccezioni, è garanzia di santità, di salvezza perenne, di nozze eterne.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: La penitenza interiore – CCC 1430: Come già nei profeti, l’appello di Gesù alla conversione e alla penitenza non riguarda soprattutto opere esteriori, “il sacco e la cenere”, i digiuni e le mortificazioni, ma la conversione del cuore, la penitenza interiore. Senza di essa, le opere di penitenza rimangono sterili e menzognere; la conversione interiore spinge invece all’espressione di questo atteggiamento in segni visibili, gesti e opere di penitenza .
Il digiuno eucaristico – Catechismo degli Adulti 947.695: La disciplina dei sentimenti si integra con la disciplina del corpo. In concreto, quest’ultima comprende i seguenti elementi: sobrietà nel cibo, nell’abbigliamento, nelle comodità, nei consumi superficiali e banali; controllo degli sguardi e delle conversazioni; rinuncia agli interessi inutili e pericolosi; dominio dell’istinto sessuale. D’altra parte si comprende come senza le dovute disposizioni la comunione sacramentale sarebbe inautentica. Già san Paolo esortava i cristiani: «Ciascuno, pertanto, esamini se stesso… perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1Cor 11,28-29). Chi è consapevole di aver commesso peccato mortale, prima di accostarsi alla comunione eucaristica, deve pentirsi e tornare in grazia di Dio. Più precisamente deve recarsi dal sacerdote e ricevere l’assoluzione; non può limitarsi a fare il proposito di confessarsi al più presto, a meno che in una particolare situazione non sopravvengano motivi gravi. Desta preoccupazione la disinvoltura, con cui alcune persone, che non si confessano da lungo tempo, vanno a fare la comunione, soprattutto in occasione di feste solenni, di matrimoni e di funerali. Sono doverosi anche alcuni segni esteriori di rispetto: osservare la legge del digiuno eucaristico, che obbliga a non prendere cibi e bevande, eccetto l’acqua, durante l’ora che precede la comunione; rispondere: «Amen» alle parole del ministro; presentare le mani pulite per ricevere il pane eucaristico; essere attenti ad eventuali frammenti, in modo da metterli in bocca e non lasciarli cadere.
I tempi della penitenza – Diritto Canonico (Can. 1249-1253): Per legge divina, tutti i fedeli sono tenuti a fare penitenza, ciascuno a proprio modo; ma perché tutti siano tra loro uniti da una comune osservanza della penitenza, vengono stabiliti dei giorni penitenziali in cui i fedeli attendano in modo speciale alla preghiera, facciano opere di pietà e di carità, sacrifichino se stessi compiendo più fedelmente i propri doveri e soprattutto osservando il digiuno e l’astinen-za a norma dei canoni che seguono. Sono giorni e tempi di penitenza nella Chiesa universale, tutti i venerdì dell’anno e il tempo di quaresima. Si osservi l’astinenza dalle carni o da altro cibo, secondo le disposizioni della Conferenza Episcopale, in tutti e singoli i venerdì dell’anno, eccetto che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità; l’astinenza e il digiuno, invece, il mercoledì delle Ceneri e il venerdì della Passione e Morte del Signore Nostro Gesù Cristo. Alla legge dell’astinenza sono tenuti coloro che hanno compiuto il 14° anno di età; alla legge del digiuno, invece, tutti i maggiorenni fino al 60° anno iniziato. Tuttavia i pastori d’anime e i genitori si adoperino perché anche coloro che non sono tenuti alla legge del digiuno e dell’astinenza a motivo della minore età, siano formati al genuino senso della penitenza. La Conferenza Episcopale può determinare ulteriormente l’osservanza del digiuno e dell’astinen-za, come pure sostituirvi, in tutto o in parte, altre forme di penitenza, soprattutto opere di carità ed esercizi di pietà.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Allora digiuneranno – «“Verranno i giorni in cui lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno”. Quindi poiché lo sposo ora ci è stato tolto, certo noi, amici di quel bello sposo, dobbiamo essere afflitti. Infatti “il più bello d’aspetto tra i figli dell’uomo, sulle cui labbra era diffusa la grazia”(Sal 45,3), tra le mani dei persecutori non ebbe né grazia né bellezza e la sua vita fu tolta dalla terra (Is 53,28). E il nostro pianto è sincero se siamo accesi d’amore verso di lui. Fortunati coloro ai quali fu concesso di averlo davanti a loro prima della sua passione, di interrogarlo su ciò che volevano, di ascoltare quanto dovevano da lui ascoltare… In noi invece si è adempiuto quanto ugualmente Gesù disse: “Verrà un tempo in cui desidererete vedere uno solo di questi giorni e non potrete vederlo” (Lc 17,22)… Chi non dice con il profeta: “Le mie lacrime sono il mio pane giorno e notte mentre mi dicono sempre: dov’è il tuo Dio?” (Sal 42,4)? … “Io vi vedrò di nuovo – disse Gesù – e ne gioirà il vostro cuore e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia” (16,20). Godiamo anche ora in questa speranza, nonostante tutto – poiché è fedelissimo chi ce lo ha promesso – nell’attesa di quella sovrabbondante gioia, quando saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è (1Gv 3,2)… E “la donna quando partorisce – dice il Signore – è nel dolore perché è giunta la sua ora; ma quando ha partorito si fa grande festa perché è venuto al mondo un uomo” (Gv 16,21). Questa sarà la gioia che nessuno potrà toglierci e di cui saremo colmati quando passeremo dal mondo presente, della fede, alla luce eterna. Ora dunque digiuniamo e preghiamo, perché è il tempo del parto» (Sant’Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: “Gesù non è venuto a mettere «una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio», né del «vino nuovo in otri vecchi» [Mc 2,21-22], ma a rinnovare dalle radici l’umanità intera. Il suo inserimento nel tempo, nella vita e nella storia umana dà al mondo un volto e un senso nuovo; la vecchia mentalità dei farisei non è capace di accogliere questa «novità», occorre una mentalità nuova costruita sulla parola di Cristo. Egli non è venuto a restaurare la sinagoga, ma a fondare la sua Chiesa, «novità» nata dal suo sacrificio; e soltanto a lei consegnerà il «vino nuovo» del suo sangue e della sua dottrina perché ne alimenti la vita e nutra tutti i suoi figli in un banchetto nuziale che inizia quaggiù, ma che si compirà solo in cielo” (P. Gabriele di S. M. Maddalena, Intimità Divina).
Santo del giorno: 7 Luglio – Sant’Antonino Fantosati, Martire: “Antonio nasce a Trevi (Pg) il 16 ottobre 1842. A 16 anni veste l’abito religioso francescano nel convento della Spineta a Todi, cambiando il nome in fra Antonino. Viene ordinato sacerdote nel 1865. Nel 1867 decide di partire missionario per la Cina, aggregandosi a Marsiglia ad altri otto francescani, fra cui padre Elia Facchini, che morirà martire due giorni dopo di lui, e un folto gruppo di Suore Canossiane. Giunge così ad Uccian capitale del Hu-pè e residenza principale della Missione. Qui deve vestire abiti cinesi e prendere il nome in lingua locale di Fan-hoae-te. Nel 1868 arriva nell’Alto Hu-pè, meta del suo campo apostolico che gli è stato assegnato, dove rimane per sette anni. Nel 1878 viene nominato amministratore apostolico dell’Alto Hu-pè e nel 1889 vicario apostolico dell’Hu-nan Meridionale. Durante la sua attività pastorale viene sottoposto a vari giudizi con accuse fatte da pagani interessati e contrari al cristianesimo. I suoi ultimi anni sono segnati dalle persecuzioni. Il 7 luglio 1900 viene ucciso brutalmente dalla folla aizzata dai «boxers»” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…