2 Luglio 2018 – Lunedì, XIII del Tempo Ordinario – (Am 2,6-10.13-16; Sal 49[50]; Mt 8,18-22) – I Lettura: Il profeta Amos rimprovera gli Israeliti per aver dimenticato tutti i benefici concessi da Dio. Sottolinea l’ingratitudine del popolo e prosegue elencando i divini interventi di cui è stato testimone Israele nel corso della storia. Infine termina con la minaccia di un castigo da cui nessuno avrà scampo. Salmo: “Gli ebrei si sono gettati dietro le spalle gli insegnamenti del Cristo, si sono affiancati a Giuda che era ladro e hanno denigrato il loro fratello, il popolo dei gentili. E così Dio ha cessato di parlare loro” (Origene). Vangelo: Gesù prende spunto dalla richiesta di sequela per insegnare che farsi suoi discepoli presuppone un’offerta totale di se stessi. Gesù mette l’accento sull’esigenza radicale della vita nuova a cui chiama e che esige di abbandonare tutto per seguire Lui.
Seguimi – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva. Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». E un altro dei suoi discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti».
Riflessione: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Possiamo dire che il vero tema del Vangelo di oggi è la differenza tra l’entusiasmo e la fede; la distanza tra il fanatismo e la virtù della religione. La frase che, colma di entusiasmo, esce dalla bocca dello scriba, la ritroviamo spesso in tanti uomini e magari anche sulla nostra bocca. È una affermazione sincera, generosa: indica che la Parola è stata accolta e il germe divino seminato in noi è germogliato, e germogliando si propone alla grazia per portare frutti abbondanti. È il sì di una piantina promettente (cioè che “promette” bene)! Ma quanti pericoli vi sono dietro le grandi promesse, quanto spesso esse alla fine si rivelano come superficiali entusiasmi! Anche in altre parti del Vangelo troviamo espressioni che non lasciano dubbi sulla generosità dei discepoli, come quando Pietro afferma che non hanno dove andare in quanto solo in Gesù si trovano le parole di vita eterna (cfr. Gv 6,68); o quando lo stesso Apostolo afferma con tanta generosità e con le lacrime agli occhi che mai lo avrebbe tradito e che anzi si sarebbe fatto uccidere per il Cristo (cfr. Lc 22,33)… Tutti vorremmo essere cristiani, tutti vorremmo entrare nel Regno dei Cieli, tutti vorremmo che Cristo regni su di noi! Anche noi vorremmo andare e prenderlo per farlo nostro re, come coloro che avevano mangiato a sazietà pani e pesci (cfr. Gv 6,14-15). Ma davvero siamo disposti a seguirlo? Egli ci parla con chiarezza: chi vuole seguirlo deve lasciare quanti sono morti nel cuore e vivere da risorto; deve seguire chi non ha un nido ma ha una meta da dove regna: la Croce.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Maestro, ti seguirò dovunque tu vada – Benedetto XVI (Angelus, 27 Giugno 2010): […] Gesù […], mentre cammina per la strada, diretto a Gerusalemme, incontra alcuni uomini, probabilmente giovani, i quali promettono di seguirlo dovunque vada. Con costoro Egli si mostra molto esigente, avvertendoli che “il Figlio dell’uomo – cioè Lui, il Messia – non ha dove posare il capo”, vale a dire non ha una propria dimora stabile, e che chi sceglie di lavorare con Lui nel campo di Dio non può più tirarsi indietro (cfr. Lc 9,57-58.61-62). Ad un altro invece Cristo stesso dice: “Seguimi”, chiedendogli un taglio netto dei legami familiari (cfr. Lc 9,59-60). Queste esigenze possono apparire troppo dure, ma in realtà esprimono la novità e la priorità assoluta del Regno di Dio che si fa presente nella Persona stessa di Gesù Cristo. In ultima analisi, si tratta di quella radicalità che è dovuta all’Amore di Dio, al quale Gesù stesso per primo obbedisce. Chi rinuncia a tutto, persino a se stesso, per seguire Gesù, entra in una nuova dimensione della libertà, che san Paolo definisce “camminare secondo lo Spirito” (cfr. Gal 5,16). “Cristo ci ha liberati per la libertà!” – scrive l’Apostolo – e spiega che questa nuova forma di libertà acquistataci da Cristo consiste nell’essere “a servizio gli uni degli altri” (Gal 5,1.13). Libertà e amore coincidono!
Il figlio dell’uomo… – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 29 Aprile 1987): Quando Gesù chiama se stesso “Figlio dell’uomo” usa un’espressione proveniente dalla tradizione canonica dell’Antico Testamento e presente anche negli apocrifi giudaici. Occorre però notare che l’espressione “Figlio dell’uomo” (ben-adam) era diventata nell’aramaico dei tempi di Gesù un’espressione indicante semplicemente “uomo” (“bar-enas”). Gesù, perciò, chiamando se stesso “figlio dell’uomo”, riuscì quasi a nascondere dietro il velo del significato comune il significato messianico che la parola aveva nell’insegnamento profetico. Non a caso, tuttavia, se enunciazioni sul “Figlio dell’uomo” appaiono specialmente nel contesto della vita terrena e della passione di Cristo, non ne mancano anche in riferimento alla sua elevazione escatologica. Nel contesto della vita terrena di Gesù di Nazaret troviamo testi quali: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Mt 8,20); o anche: “È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori” (Mt 11,19). Altre volte la parola di Gesù assume un valore più fortemente indicativo del suo potere. Così quando dice: “Il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato” (Mc 2,28). In occasione della guarigione del paralitico calato attraverso un’apertura praticata nel tetto egli afferma in tono quasi di sfida: “Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, ti ordino – disse al paralitico – alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua” (Mc 2,10-11). Altrove Gesù dichiara: “Poiché come Giona fu un segno per quelli di Ninive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione” (Lc 11,30). In altra occasione si tratta di una visione avvolta nel mistero: “Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete” (Lc 17,22).
Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti» – Giovanni Paolo II (Veritatis Splendor 19): È Gesù stesso che prende l’iniziativa e chiama a seguirlo. L’appello è rivolto innanzi tutto a coloro ai quali egli affida una particolare missione, a cominciare dai Dodici; ma appare anche chiaro che essere discepoli di Cristo è la condizione di ogni credente (cfr. At 6,1). Per questo, seguire Cristo è il fondamento essenziale e originale della morale cristiana: come il popolo d’Israele seguiva Dio che lo conduceva nel deserto verso la Terra promessa (cfr. Es 13,21), così il discepolo deve seguire Gesù, verso il quale il Padre stesso lo attira (cfr. Gv 6,44). Non si tratta qui soltanto di mettersi in ascolto di un insegnamento e di accogliere nell’obbedienza un comandamento. Si tratta, più radicalmente, di aderire alla persona stessa di Gesù, di condividere la sua vita e il suo destino, di partecipare alla sua obbedienza libera e amorosa alla volontà del Padre. Seguendo, mediante la risposta della fede, colui che è la Sapienza incarnata, il discepolo di Gesù diventa veramente discepolo di Dio (cfr. Gv 6,45). Gesù, infatti, è la luce del mondo, la luce della vita (cfr Gv 8,12); è il pastore che guida e nutre le pecore (cfr. Gv 10,11-16), è la via, la verità e la vita (cfr. Gv 14,6), è colui che conduce al Padre, al punto che vedere lui, il Figlio, è vedere il Padre (cfr. Gv 14,6-10). Pertanto imitare il Figlio, «l’immagine del Dio invisibile» (Col 1,15), significa imitare il Padre.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Riflettete sul capitolo del Vangelo che il Signore ci ha donato. Abbiamo sentito la diversa condotta del Signore. Uno si offrì per seguirlo ed egli lo riprovò; un altro non osava ed egli lo stimolò; un terzo rimandava e gliene fece una colpa. Il primo disse: “Signore, ti seguirò dovunque andrai” (Lc 9,57). Dove troveresti maggiore prontezza e alacrità e dove troveresti maggiore idoneità di questo, che è pronto a seguire il Signore dovunque andrà? Ti sorprende che il buon Maestro e Signore Gesù Cristo, che invitò i discepoli con la promessa del regno dei cieli, abbia rifiutato uno così preparato? Ma, poiché quel Maestro era uno che conosceva il futuro, dobbiamo capire che questo uomo, se avesse seguito Cristo, avrebbe cercato il suo interesse e non quello di Gesù Cristo. Gesù stesso disse: “Non tutti quelli che mi dicono: Signore, Signore, entreranno nel regno dei cieli” (Mt 7,21). E questi era uno di quelli, ma non si conosceva, come lo vedeva il medico. Poiché se sapeva di fingere, se tramava un inganno, non sapeva con chi parlava. Di Gesù, infatti, dice l’Evangelista: “Non aveva bisogno che altri lo informasse intorno a qualcuno; sapeva da sé che cosa fosse in ogni uomo” (Gv 2,25). Che cosa rispose, allora? “Le volpi hanno tane e gli uccelli nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Ma dove il Signore non ha posto? Nella tua fede. Le volpi hanno tane nel tuo cuore; sei un ingannatore. Gli uccelli hanno nidi nel tuo cuore; sei superbo. Sei ingannatore e superbo, non mi seguirai. Come può un ingannatore andar dietro alla semplicità?» (Sant’Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Essere discepoli di Cristo non è una cosa facile, seguirlo fino alla «follia della croce» esige spirito di abnegazione, essere pronti a rinnegare se stessi (cfr. Lc 9,23). Seguire Colui che è la Via (cfr. Gv 14,6) significa essere pronti ad abbandonare le strade che conducono al peccato. Seguire la Verità significa riaggiustare il linguaggio, perché il nostro parlare sia Sì, sì, No, no (Mt 5,37). Seguire la Vita (cfr. Gv 12,25) vuol dire essere pronti a perdere la propria vita (cfr. Lc 9,24). Seguire la Luce significa abbandonare le tenebre dell’errore e dell’insi-pienza del mondo. Mettersi «al seguito di Cristo richiede una disponibilità docile, una dedizione immediata alle cose che il Signore esige, poiché questa chiamata vuol dire seguire Cristo al ritmo del suo passo, che non ammette si rimanga indietro: o si segue Gesù o lo si perde di vista» (La Bibbia di Navarra, I quattro vangeli – nota a Mt 8,18-22). Seguire Colui che non ha dove posare il capo significa sposare il destino dello spiantato, occorre avere l’intelligenza, il coraggio e la forza di sapersi sradicare da tutto… come i broccoli che «devono essere trapiantati, per sviluppare; cioè, sono sradicati per crescere. I semi marciscono in terra, per moltiplicarsi. Mentre sembra che perdano ciò che erano, ricevono ciò che non erano» (San Gregorio Magno).
Santo del giorno: 2 Luglio – San Bernardino Realino, Sacerdote: “Diventa patrono di una città mentre era ancora in vita. Lecce, estate del 1616: il padre gesuita Bernardino Realino sta morendo, 42 anni dopo esservi arrivato. I reggitori del Municipio lo vanno allora a visitare in forma ufficiale. E gli fanno richiesta di voler essere il protettore della città. Lui, che tanto aveva fatto del bene a Lecce, acconsente. Nato in una famiglia illustre di Carpi, che per i suoi primi studi gli faceva venire i maestri a casa, fu poi mandato all’Accademia modenese. A 26 anni, si laurea in diritto civile e canonico. Sotto la protezione di Cristoforo Madruzzo, Bernardino si avvia sulla strada dei «pubblici uffici». A un certo punto, però, la sua carriera s’interrompe. Bernardino Realino frequenta i Gesuiti ed entra nella Compagnia. Nel 1567 è ordinato sacerdote e diventa il maestro dei novizi gesuiti. Sette anni dopo, a Lecce, crea un collegio al quale si dedicherà fino alla morte. Papa Pio XII lo proclamerà santo nel 1947” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…