29 Giugno 2018 – Venerdì – Santi Pietro e Paolo (Solennità) – (At 12,1-11; Sal 33[34]; 2Tm 4,6-8.17-18; Mt 16,13-19) – I Lettura: I fatti narrati nel brano odierno si riferiscono ad un periodo storico (intorno al 44 d.C. data dell’uccisione di Giacomo) che vede protagonista sulla scena politica giudaica Erode Agrippa I. Appena diventato imperatore, Caligola gli assegna i territori a est e a nord del lago di Galilea, ex tetrarchia di Filippo e ottiene il titolo di re. Dopo l’esilio di Erode Antipa includerà tra i suoi domini anche la Galilea e la Perea, e dall’imperatore Claudio otterrà la tetrarchia che includeva la Giudea. Fu sostenitore del fariseismo in modo da attirare la simpatia anche del popolo. Salmo: “Non vuole cantare da solo la sua lode, invita tutti quelli che, come lui, beneficiano della misericordia del Signore” (Atanasio). II Lettura: La vita dell’Apostolo Paolo sta per giungere alla fine, il suo più grande gaudio in questo traguardo è l’aver mantenuto la fede. Il suo travaglio maggiore non fu, infatti, per la salvaguardia della vita o per il raggiungimento di uno scopo, ma per la conservazione della fede, dono che unico potrà guadagnargli quella corona di Gloria che ha sempre desiderato. Vangelo: Il brano evangelico, in modo inequivocabile, mette in primo piano la persona di Pietro rispetto agli Undici: su questo testo la Chiesa cattolica fonda il primato petrino. Il racconto sottolinea «il rigore della fede di Pietro perché essa sgorga da una rivelazione divina: la Chiesa resisterà se si affiderà a Pietro, garante della giusta interpretazione della fede cristiana. Vi è un incontestabile “primato” del discepolo, uomo del principio in quanto primo chiamato [cfr. Mt 4,18; 10,2]. Tale è, senza dubbio, in bocca a Gesù, il senso del soprannome: Simone, figlio di Giona, rimane per sempre la [prima] pietra della sua opera» (Claude Tassin).
Tu sei Pietro, a te darò le chiavi del regno dei cieli – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Riflessione: «Ma voi chi dite che io sia?». Non dovremmo mai finire di considerare questa domanda rivolta a noi, ogni momento. Tale interrogativo dovrebbe illuminare la nostra vita, dovremmo averla sempre dinanzi agli occhi, prima di ogni scelta, come stella che diriga con sicurezza il nostro cammino. Molte volte si vive la fede come fossimo spettatori davanti ad uno spettacolo televisivo: giudichiamo gli altri per come, secondo il nostro non sempre obiettivo punto di vista, vivono la loro fede; abbiamo la nostra opinione personale su tutto anche in questioni di fede e di morale. Sogniamo un mondo migliore, magari come cantava John Lennon: “senza Paradiso né inferno”, dove tutto casca dal cielo senza che noi abbiamo a scomodarci. Riconoscere Gesù come persona viva e che si attende una mia personale risposta, non solo vocale, ma fattiva, è impegnativo e di forte stimolo. Pietro rispose verbalmente alla domanda e la risposta, più che giusta perché ispirata, condizionerà per sempre la sua vita: la consapevolezza della natura e della missione del Maestro lo impegna a mantenere sempre viva nella Chiesa quella fede di cui egli è la roccia. Fatiche, responsabilità, umiliazioni e morte affrontate con coraggio anche quando avrebbe potuto sottrarsene. Sulla stessa scia la missione di Paolo: sulla via per Damasco volle conoscere chi era colui che gli aveva parlato: «Chi sei, o Signore?» (At 9,5). Questa conoscenza personale lo porta a donare la sua vita fino a dire di sé: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!» (Gal 2,20). La nostra vita conosce le fatiche per vivere e rimanere in Cristo? Ha mai sperimentato l’ebbrezza di essere amati e guidati da Lui? Ha conosciuto l’intima gioia della presenza illuminante dello Spirito, il coraggio della Verità contro la menzogna, la pazienza contro l’arroganza, l’umile servizio anziché il piacere personale? In poche parole, ci siamo mai chiesti come ci vuole il Vangelo che troppo spesso nominiamo e insegniamo? Siamo di quelli che assaporano le realtà celesti e sanno guardare in faccia il mondo, non per giudicarlo ma per servirlo nel bene, oppure siamo di quelli che prendiamo in mano la chitarra sognando e sperando che tutto scompaia: paradiso, inferno, dolori… tutto?
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Santi Pietro e Paolo – Papa Francesco (Angelus, 29 Giugno 2014): Fin dai tempi antichi la Chiesa di Roma celebra gli Apostoli Pietro e Paolo in un’unica festa nello stesso giorno, il 29 giugno. La fede in Gesù Cristo li ha resi fratelli e il martirio li ha fatti diventare una sola cosa. San Pietro e San Paolo, così diversi tra loro sul piano umano, sono stati scelti personalmente dal Signore Gesù e hanno risposto alla chiamata offrendo tutta la loro vita. In entrambi la grazia di Cristo ha compiuto grandi cose, li ha trasformati. Eccome li ha trasformati! Simone aveva rinnegato Gesù nel momento drammatico della passione; Saulo aveva perseguitato duramente i cristiani. Ma entrambi hanno accolto l’amore di Dio e si sono lasciati trasformare dalla sua misericordia; così sono diventati amici e apostoli di Cristo. Perciò essi continuano a parlare alla Chiesa e ancora oggi ci indicano la strada della salvezza. Anche noi, se per caso cadessimo nei peccati più gravi e nella notte più oscura, Dio è sempre capace di trasformarci, come ha trasformato a Pietro e a Paolo; trasformarci il cuore e perdonarci tutto, trasformando così il nostro buio del peccato in un’alba di luce. Dio è così: ci trasforma, ci perdona sempre, come ha fatto con Pietro e come ha fatto con Paolo.
L’esercizio del primato petrino – Congregazione per la Dottrina della Fede (Il primato del successore di Pietro nella Chiesa 7): L’esercizio del ministero petrino deve essere inteso – perché «nulla perda della sua autenticità e trasparenza» – a partire dal Vangelo, ovvero dal suo essenziale inserimento nel mistero salvifico di Cristo e nell’edificazione della Chiesa. Il Primato differisce nella propria essenza e nel proprio esercizio dagli uffici di governo vigenti nelle società umane: non è un ufficio di coordinamento o di presidenza, né si riduce ad un Primato d’onore, né può essere concepito come una monarchia di tipo politico. Il Romano Pontefice è – come tutti i fedeli – sottomesso alla Parola di Dio, alla fede cattolica ed è garante dell’obbedienza della Chiesa e, in questo senso, servus servorum. Egli non decide secondo il proprio arbitrio, ma dà voce alla volontà del Signore, che parla all’uomo nella Scrittura vissuta ed interpretata dalla Tradizione; in altri termini, la episkopè del Primato ha i limiti che procedono dalla legge divina e dall’invio-labile costituzione divina della Chiesa contenuta nella Rivelazione. Il Successore di Pietro è la roccia che, contro l’arbitrarietà e il conformismo, garantisce una rigorosa fedeltà alla Parola di Dio.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Al motivo della nostra festa si aggiunge, inoltre, la dignità non solo apostolica, ma ancora episcopale di san Pietro che non cessa di sedere sulla sua Cattedra e conserva una incessante partecipazione alle prerogative del Sommo Sacerdote. La solidità che riceve dalla Pietra che è Cristo, egli, divenuto pietra a sua volta, la trasmette anche ai suoi eredi; e, dovunque compare una qualche fermezza, è la forza del pastore che si manifesta. Infatti se, per aver validamente sopportato i supplizi loro inflitti, dando così loro il modo di manifestare i propri meriti, i martiri hanno praticamente ottenuto tutti e dappertutto di poter recare soccorso agli uomini in pericolo, di scacciare le malattie (cfr. Mt 10,1), chi sarà così ignorante o così invidioso da disprezzare la gloria di san Pietro e credere che esistano porzioni di Chiesa che sfuggono alla sollecitudine del suo governo e non si accrescano grazie a lui? Eccoci di fronte ad un amore di Dio e degli uomini in pieno vigore e vita nel Principe degli apostoli, tale che neppure il carcere, le catene o le sommosse popolari, o le minacce dei re hanno potuto intimorire; così dicasi della sua fede invincibile che non ha ceduto nella lotta e non si è intiepidita nella vittoria” (Leone Magno).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Beato sei tu, Simone – Simone (dalla radice ebraica shama “ascoltare”), riceve da Gesù Cristo il nome di Kefa, che in aramaico significa “roccia”, “pietra”, e che in greco suona Petros; in latino Petrus. Anche san Paolo lo chiamava Kephas oltre che Pietro. Poiché «dai documenti contemporanei, sia ellenici che aramaici, non risulta affatto l’uso di Pietro [aramaico Kefa] come nome di persona, si dovrà concludere che esso è stato coniato da Gesù per designare l’ufficio di “roccia” a cui il principe degli Apostoli viene da lui chiamato» (Angelo Lancellotti). Su questa pietra, Gesù edifica la sua Chiesa. Il termine Chiesa nei vangeli appare solo due volte e designa la nuova comunità che Gesù sta per fondare e che egli presenta come una realtà non solo stabile, ma indistruttibile («le potenze degli inferi non prevarranno su di essa»). I poteri conferiti a Simon Pietro si esplicano attraverso la consegna delle chiavi del Regno dei cieli: un’immagine nota alla sacra Scrittura (cfr. Is 22,15-25) e all’antico Oriente e che suggerisce l’incarico affidato a un uomo di fiducia di sorvegliare ed amministrare la casa. Il potere di legare e di sciogliere implica il perdono dei peccati, ma non va limitato a questo significato: «sono due termini tecnici del linguaggio giuridico del tempo; significano rispettivamente “condannare” e “assolvere”, come anche dichiarare una cosa “vie-tata” o “lecita”. La potestà che Gesù conferisce a Pietro abbraccia dunque il potere di ammettere o escludere dalla Casa di Dio, come anche di impartire disposizioni obbliganti nel campo della fede e dei costumi» (Angelo Lancellotti). Poteri che poggiano unicamente sulla elezione gratuita di Dio e non certamente sui meriti della persona. Poteri che sono al servizio della fede, della fedeltà alla persona di Cristo e dell’unione nella Chiesa.
Santo del giorno: 29 Giugno – Santi Pietro e Paolo, Apostoli: Due apostoli e due personaggi diversi, ma entrambi fondamentali per la storia della Chiesa del primo secolo così come nella costruzione di quelle radici dalle quali si alimenta continuamente la fede cristiana. Pietro, nato a Betsaida in Galilea, era un pescatore a Cafarnao. Fratello di Andrea, divenne apostolo di Gesù dopo che questi lo chiamò presso il lago di Galilea e dopo aver assistito alla pesca miracolosa. Da sempre tra i discepoli più vicini a Gesù fu l’unico, insieme al cosiddetto «discepolo prediletto», a seguire Gesù presso la casa del sommo sacerdote Caifa, fu costretto anch’egli alla fuga dopo aver rinnegato tre volte il maestro, come questi aveva già predetto. Ma Pietro ricevette dallo stesso Risorto il mandato a fare da guida alla comunità dei discepoli. Morì tra il 64 e il 67 durante la persecuzione anticristiana di Nerone. San Paolo, invece, era originario di Tarso: prima persecutore dei cristiani, incontrò il Risorto sulla via tra Gerusalemme e Damasco. Baluardo dell’evan-gelizzazione dei popoli pagani nel Mediterraneo morì anch’egli a Roma tra il 64 e il 67.
Preghiamo: O Dio, che allieti i tuoi figli con la solennità dei santi Pietro e Paolo, fa’ che la tua Chiesa segua sempre l’insegnamento degli apostoli dai quali ha ricevuto il primo annunzio della fede. Per il nostro Signore Gesù…