27 Giugno 2018 – Mercoledì, XII del Tempo Ordinario – (2Re 22,8-13; 23,1-3; Sal 118[119]; Mt 7,15-20) – I Lettura: Dopo Ezechìa, sul trono di Giuda si avvicendarono due re, Manasse e Amon che non solo non continuarono la politica di riforma di Ezechìa, ma si asservirono agli Assiri e introdussero il culto degli astri alla corte di Gerusalemme, pratiche denunciate più avanti dal profeta Sofonìa. Ma con la morte di Assurbanipal nel 633 a.C., l’impero assiro si disintegra rapidamente. In questo periodo vengono ritrovati i libri della legge e Giosìa inizia la sua riforma. Salmo: “Un sentiero battuto, sul quale hanno già camminato: è il Signore che vi ha camminato per primo; noi camminiamo dietro a lui” (Ilario). Vangelo: La genuinità di un insegnamento non si valuta dalle parole, ma dall’esito della vita di chi insegna. Questo avvertimento vale sia per chi deve insegnare perché sia attento a mettere in pratica ciò che insegna, ma soprattutto per chi è alla ricerca di una guida: non bisogna lasciarsi condizionare dalla sicurezza o dalla capacità persuasiva di una persona, ma da ciò che riesce a creare intorno a sé e nella sua vita.
Dai loro frutti li riconoscerete – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Guarda-tevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete».
Riflessione: «Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci!». Il desiderio di Dio è vivo nel cuore di ogni uomo. “Tu ci hai fatti per te e il nostro cuore non ha pace finché non riposa in te”, scriveva sant’Agostino. Dio cerca di colmare questo vuoto e ci attrae sempre più a sé mediante la sua Parola e i Sacramenti della Chiesa. Ma, purtroppo, sperimentiamo sempre il bisogno di qualcuno che ci guidi nella crescita spirituale e ci indichi la via per l’incontro con Dio. Così quando sentiamo qualcuno parlare di cose profonde che toccano la nostra anima, siamo felici, li seguiamo e le chiamiamo guide spirituali. Ma non tutti quelli che parlano bene e sanno persuadere la nostra ragione ci portano sulle vie di Dio. Alcuni accarezzano il nostro udito per ottenere onori ed essere considerati saggi. Più che pastori sono “lupi rapaci”: ci distolgono dal seguire il vero pastore, Cristo nella sua Chiesa, e ci traggono in sentieri solitari dove veniamo dati in pasto alle belve delle nostre idee e del nostro io, ingrassato dalle parole dei falsi pastori. Il vero pastore è colui che non parla da sé, ma dice le parole di Cristo. Costui non porta solo parole, ma una persona della quale è seguace fedele. San Paolo così scriveva ai Corinzi che amavano vantarsi di appartenere all’uno o all’altro apostolo: «Anch’io, fratelli, quando venni da voi, non venni con eccellenza di parola o di sapienza annunziandovi la testimonianza di Dio, perché mi ero proposto di non sapere fra voi altro, se non Gesù Cristo e lui crocifisso. Così io sono stato in mezzo a voi con debolezza… la mia parola e la mia predicazione non consistettero in parole persuasive di umana sapienza, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza» (1Cor 2,1-4). La Sapienza fu inchiodata all’albero della croce e solo se in una guida scorgiamo i frutti di quest’albero allora possiamo fidarci. A noi la scelta: se il frutto della croce è troppo aspro al nostro palato e lo rifiutiamo, rischiamo di andare per sentieri lontani da Dio, la felicità che sola può colmare le attese del nostro cuore. La via per il Paradiso è stretta – ci diceva ieri il Vangelo – e Gesù, fuggendo ogni ostentazione della fede, ci insegna a vivere nella sobrietà, seguendolo, con la croce, lungo il cammino.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Dai loro frutti dunque li riconoscerete – Benedetto XVI (Omelia, 2 Ottobre 2005): Il Signore, nell’Antico come nel NT, annuncia alla vigna infedele il giudizio. Il giudizio che Isaia prevedeva si è realizzato nelle grandi guerre ed esili ad opera degli Assiri e dei Babilonesi. Il giudizio annunciato dal Signore Gesù si riferisce soprattutto alla distruzione di Gerusalemme nell’anno 70. Ma la minaccia di giudizio riguarda anche noi, la Chiesa in Europa, l’Europa e l’Occidente in generale. Con questo Vangelo il Signore grida anche nelle nostre orecchie le parole che nell’Apocalisse rivolse alla Chiesa di Efeso: “Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto” (2,5). Anche a noi può essere tolta la luce, e facciamo bene se lasciamo risuonare questo monito in tutta la sua serietà nella nostra anima, gridando allo stesso tempo al Signore: “Aiutaci a convertirci! Dona a tutti noi la grazia di un vero rinnovamento! Non permettere che la tua luce in mezzo a noi si spenga! Rafforza tu la nostra fede, la nostra speranza e il nostro amore, perché possiamo portare frutti buoni!”.
… li riconoscerete – CCC 2005: Appartenendo all’ordine soprannaturale, la grazia sfugge alla nostra esperienza e solo con la fede può essere conosciuta. Pertanto non possiamo basarci sui nostri sentimenti o sulle nostre opere per dedurne che siamo giustificati e salvati. Tuttavia, secondo la parola del Signore: “Dai loro frutti li potrete riconoscere” (Mt 7,20), la considerazione dei benefici di Dio nella nostra vita e nella vita dei santi, ci offre una garanzia che la grazia sta operando in noi e ci sprona ad una fede sempre più grande e ad un atteggiamento di povertà fiduciosa.
Ogni albero buono produce frutti buoni – Card. Ennio Antonelli (Omelia, 10 Febbraio 2010): Dal cuore escono le decisioni e le azioni, quelle cattive come quelle buone. Il cuore corrisponde a ciò che noi oggi chiameremmo il nucleo più intimo della persona, la coscienza, l’intenzione fondamentale, l’orientamento globale della vita. Il cuore così inteso si esprime attraverso gli atti buoni e cattivi. “Ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi” (Mt 7,17). Il cuore che ama si rivela nel fare il bene; il cuore egoista si manifesta nel fare il male.
I frutti dello Spirito Santo – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 26 Giugno 1991): San Paolo nella Lettera ai Galati enumera tra i “frutti dello Spirito Santo” la “pazienza”, la “fedeltà”, il “dominio di sé” (Gal 5,22). Sono virtù necessarie per una vita cristiana coerente. Fra esse si distingue la “pazienza”, che è una proprietà della carità (cfr. 1Cor 13.4) e viene infusa nell’anima dallo Spirito Santo con la carità stessa (cfr. Rm 5,5), come parte della fortezza da esercitare nell’affrontare i mali e le tribolazioni della vita e della morte. Ad essa s’affianca la “perseveranza”, che è la continuità nell’esercizio delle opere buone con la vittoria sulla difficoltà rappresentata dalla lunga durata del cammino da percorrere; simile è la “costanza”, che fa persistere nel bene contro tutti gli ostacoli esterni: entrambe sono frutto della grazia che dà all’uomo di giungere alla fine della vita sulla via del bene.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: I frutti dello Spirito – «Ecco poi una grande lezione di virtù, che ci insegna a non attendere la fertilità da ciò che è sterile, né aspettare un abbondante raccolto da un terreno non lavorato. A ciascuno la terra dà il frutto per quanto l’ha coltivata: tra le spine di questo mondo non potrai trovare il fico che, eccellendo per il sapore dei suoi frutti, è ben scelto per raffigurare l’immagine della risurrezione. Tu hai letto: “I fichi hanno dato frutti non maturi” [Ct 2,13], cioè i frutti della sinagoga sono apparsi fin da principio immaturi, inutili e caduchi; anche la nostra vita non è matura in questo corpo, lo sarà nella risurrezione. Per questo dobbiamo tener lontane da noi le sollecitudini terrene, che logorano l’anima e inaridiscono lo spirito, se vogliamo raccogliere i frutti maturi di una diligente coltivazione. Tutto questo non possiamo trovarlo nei campi incolti di questo mondo, poiché “da spini non si colgono fichi, né da rovi si vendemmia l’uva” [Lc 6,44]. Il primo detto si riferisce al mondo e alla risurrezione; l’altro, all’anima e al corpo: sia perché nessuno raggiunge con i peccati la maturazione della sua anima, la quale come l’uva, si corrompe se sta vicina alla terra e matura bene se sta in alto; sia perché nessuno può sfuggire alla condanna della carne se non colui che è stato redento da Cristo che come l’uva, fu sospeso al legno» (Ambrogio).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Dai loro frutti li riconoscerete – Paolo VI (Esortazione Apostolica, Quinque iam anni, 1970): Facciamo attenzione ai problemi che sorgono dalla vita degli uomini, specialmente dei giovani: «Se un figlio domanda del pane – dice Gesù – quale è fra di voi quel padre che gli darà un sasso?» (Lc 11,11). Accogliamo volentieri le istanze che vengono a turbare la nostra pacifica quiete. Siamo pazienti davanti alle indecisioni di coloro che cercano come a tentoni la luce. Sappiamo camminare fraternamente con tutti coloro che, privi di questa luce, della quale noi godiamo i benefici, nondimeno tendono, attraverso le nebbie del dubbio, verso la casa paterna. Ma se noi prendiamo parte alle loro angosce, sia per cercare di guarirle; se noi presentiamo loro Gesù Cristo, questi sia il Figlio di Dio fatto uomo per salvarci e per comunicarci la sua vita, non una figura puramente umana, per quanto meravigliosa e attraente possa essere per il nostro spirito (cfr. 2Gv 7,9). In questa fedeltà a Dio e agli uomini, ai quali siamo da lui inviati, noi sapremo prendere, certo con delicatezza e prudenza, ma con chiaroveggenza e fermezza, le indispensabili decisioni per un giusto discernimento. Ecco, senza dubbio, uno dei compiti più difficili, ma anche, oggi, dei più necessari, per l’episcopato. Infatti, nel contrasto delle opposte ideologie c’è pericolo che la più grande generosità si accompagni ad affermazioni quanto mai discutibili: «anche in mezzo a noi – come al tempo di San Paolo – sorgono uomini che insegnano delle dottrine perverse per trascinar dietro a sé dei discepoli» (At 20,30), e coloro che parlano in tal modo sono a volte persuasi di farlo in nome di Dio, illudendosi sullo spirito che li anima. Siamo noi abbastanza vigili, per ben discernere la parola di fede, sui frutti che essa produce? Potrebbe venire da Dio una parola che faccia perdere ai fedeli il senso della rinunzia evangelica, o che proclami la giustizia tralasciando di annunciare la dolcezza, la misericordia e la purezza, una parola che ponga i fratelli contro i fratelli? Gesù ci ha avvertiti: «dai loro frutti li riconoscerete» (Mt 7,15-20). Proprio tutto questo chiediamo ai collaboratori, che hanno con noi il compito di predicare la parola di Dio. Che la loro testimonianza sia sempre quella del Vangelo e la loro parola quella del Verbo che suscita la fede e, con essa, l’amore verso i nostri fratelli trascinando tutti i discepoli del Cristo a permeare del suo spirito la mentalità, i costumi, e la vita della città terrestre.
Santo del giorno: 27 Giugno – San Cirillo d’Alessandria, Vescovo e dottore della Chiesa: Cirillo (370-444), che succedette allo zio Teofilo, vescovo di Alessandria d’Egitto tra il 385 e il 412, fu protagonista assoluto nella Chiesa della prima metà del V secolo. Fronteggiò gli avversari della Cristianesimo con la stessa determinazione con cui combatté le derive teologiche dentro la Chiesa stessa. Scrittore prolifico e polemico, non si sottrasse nelle dispute contro i pagani e contro i giudei e divenne punto di riferimento nelle dispute teologiche che precedettero e seguirono il III Concilio Ecumenico, celebrato ad Efeso nel 431. In quegli anni particolarmente difficili per la Chiesa, Cirillo governò la Chiesa di Alessandria d’Egitto difendendo strenuamente l’ortodossia.
Preghiamo: Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù…