Antifona d’ingresso
Popoli tutti, battete le mani, acclamate a Dio con voci di gioia. (Sal 47,2)
Colletta
O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Oppure:
O Padre, che nel mistero del tuo Figlio povero e crocifisso hai voluto arricchirci di ogni bene, fa’ che non temiamo la povertà e la croce, per portare ai nostri fratelli il lieto annunzio della vita nuova. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Prima Lettura Sap 1,13-15; 2,23-24
Per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo.
Dio ha creato ogni cosa buona e giusta perché renda gloria a Colui che ne è l’Au-tore. Col peccato originale la morte è entrata nel creato ma nel sacrificio del Cristo è divenuta accesso alla beatitudine eterna promessa fin da principio.
Dal libro della Sapienza
Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra. La giustizia infatti è immortale. Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.
Parola di Dio.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 29 (30)
Alla sera ospite è il pianto e al mattino la gioia: «Adamo si nascose nel paradiso di sera. La sera è figura di questa vita di lacrime nella quale gemiamo tutti, da Adamo in poi, ed è anche figura della morte del Cristo. Il mattino è la risurrezione del Cristo, la risurrezione delle anime e il mattino eterno della consumazione dei secoli» (San Girolamo).
Rit. Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa. Rit.
Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia. Rit.
Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre. Rit.
Seconda Lettura 2Cor 8,7.9.13-15
La vostra abbondanza supplisca all’indigenza dei fratelli poveri.
Ai Corìnzi, che tentennavano ad aderire alla colletta promossa da Paolo per sostenere la Chiesa di Gerusalemme, l’Apostolo ricorda l’ideale dell’uguaglianza che deriva dall’amore fraterno e dalla mutua condivisione. In questo modo, avrebbero imitato Cristo, il quale da ricco che era, si è fatto povero, perché gli uomini diventassero ricchi per mezzo della sua povertà.
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa. Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».
Parola di Dio.
Canto al Vangelo Cfr. 2Tm 1,10
Alleluia, alleluia.
Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo.
Alleluia.
Vangelo Mc 5,21-43
Fanciulla, io ti dico: Àlzati!
Le due azioni di Gesù riportate da Marco nel brano evangelico di questa domenica sono unite tra loro proprio dal toccare: Gesù è toccato da una donna emorroissa e tocca il cadavere di una bambina. Due azioni vietate dalla Legge, eppure qui messe in rilievo come azioni di liberazione e di carità.
Dal Vangelo secondo Marco
[In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.] Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Stava ancora parlando, quando [dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.] Parola del Signore.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa
La donna nel Vangelo – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 6 Luglio 1994): Quando si parla della dignità e della missione della donna secondo la dottrina e lo spirito della Chiesa, occorre avere gli occhi al Vangelo, alla cui luce il cristiano tutto vede, esamina, giudica. […] Ma in quella stessa fonte divina troviamo altri segni della volontà di Cristo riguardo alla donna. Egli ne parla con rispetto e bontà, mostrando nel suo atteggiamento la volontà di accogliere la donna e di richiedere il suo impegno nell’instaurazione del Regno di Dio nel mondo. Possiamo ricordare anzitutto i numerosi casi […] in cui Gesù rivela il suo cuore di Salvatore, pieno di tenerezza negli incontri con coloro che soffrono, siano uomini o donne. “Non piangere!” dice alla vedova di Nain (Lc 7,13). E poi le restituisce il figlio risuscitato da morte. Questo episodio lascia intravedere quale doveva essere il sentimento intimo di Gesù verso la sua madre, Maria, nella prospettiva drammatica della partecipazione alla propria Passione e Morte. Anche alla figlia morta di Giairo Gesù parla con tenerezza: “Fanciulla, io ti dico, alzati!”. E, risuscitatala, ordina “di darle da mangiare” (Mc 5,41.43). […] In altre pagine del Vangelo troviamo espressa l’ammirazione di Gesù per la fede di alcune donne. Ad esempio, nel caso dell’emorroissa: “La tua fede ti ha salvata” (Mc 5,34), le dice. È un elogio che ha tanto più valore in quanto la donna era stata oggetto della segregazione imposta dalla legge antica. Gesù libera la donna anche da questa oppressione sociale.
Figlia, la tua fede ti ha salvata – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 15 Giugno 1994): Gesù ha manifestato la sua compassione per i malati e gli infermi, rivelando la grande bontà e tenerezza del suo cuore, portato a soccorrere i sofferenti dell’anima e del corpo anche con il potere che gli apparteneva di fare miracoli. Perciò operava molte guarigioni, tanto che gli ammalati accorrevano a lui per beneficiare del suo potere taumaturgico. Come dice l’evange-lista Luca, folle numerose venivano non soltanto per ascoltarlo, ma anche per “farsi guarire dalle loro infermità” (Lc 5,15). Nella dedizione con la quale Gesù ha voluto liberare dal peso della malattia o dell’infermità coloro che l’acco-stavano, egli ci lascia intravedere la speciale intenzione della misericordia divina a loro riguardo: Dio non è indifferente alle sofferenze della malattia e dà il suo aiuto ai malati, nel piano salvifico che il Verbo incarnato rivela e attua nel mondo. Gesù infatti considera e tratta i malati e gli infermi nella prospettiva dell’opera di salvezza che è stato mandato a compiere. Le guarigioni corporee fanno parte di questa sua opera di salvezza e nel contempo sono segni della grande guarigione spirituale che egli reca all’umanità.
La bambina non è morta, dorme – Paolo VI (Omelia, 2 Novembre 1965): La fede ci inserisce nell’albero dell’eterna vita: Cristo. L’essere uniti con Cristo è necessità essenziale per noi. Se siamo innestati in Lui e cristiani vivi, il nostro destino è bene assicurato e i nostri giorni possono anche consumarsi rapidamente: non importa. Sappiamo d’essere incamminati non verso l’oscurità, l’annullamento, il castigo del nostro essere, ma verso l’oceano della vita: Cristo, la nostra redenzione e salvezza, il nostro premio. Giunge ora la speranza a fornirci anch’essa i suoi beni. Il primo è il conforto: è il togliere le inquietudini che non hanno sollievo; è il sentire vicino a noi la voce grave e autorevole del Maestro ripeterci: «Noli fiere»: non piangere! Un pianto disperato non è cristiano, lacrime che scorrono senza consolazione non sono lacrime benedette. E Gesù spiega: Sì, tu puoi sentire il dolore, la morte, la separazione dai tuoi, l’intera amarezza retaggio della prima colpa; puoi sì piangere, ma non con la disperazione nel cuore e con gli occhi annebbiati e incapaci di scorgere la luce che ti aspetta. Non vogliate piangere i vostri morti scrive Paolo ai Tessalonicesi – come coloro «qui spem non habent», giacché appunto il Cristianesimo, la nostra fede, la nostra unione con Cristo ci danno l’incrollabile sicurezza. «Spe salvi facti sumus»: già con la speranza siamo salvi. Potenzialmente, anzi, sin d’ora siamo al di là dell’abisso tenebroso, al di là della morte: e possiamo procedere con quella serenità, che rende accetta ed agevole la stessa vita presente.
Preghiera dei Fedeli (proposta)
Con l’atteggiamento fiducioso dell’uomo che si rivolge a Gesù per guarire la propria figlia, affidiamo al Signore le nostre suppliche, sapendo che lui non resterà sordo al nostro grido.
Preghiamo insieme e diciamo: Illuminaci con la tua parola, Signore.
– Per la Chiesa di Dio: là dove domina la cultura di morte, essa diffonda nel mondo la parola di Gesù, che dona la vita ed offre la speranza, preghiamo. Rit.
– Per tutti i cristiani: in tutti i luoghi dove le tragedie affliggono l’umanità, possano essere segno della presenza del Signore, che allevia le sofferenze degli ultimi e protegge la vita di tutti gli essere viventi, preghiamo. Rit.
– Per tutti i giovani che per imprudenza o inconsapevolezza rischiano la vita e hanno smarrito il rispetto di se stessi: sappiano ritrovare la strada della vita e la gioia delle piccole cose che rendono preziosa anche la noia della quotidianità, preghiamo. Rit.
– Per tutti i poveri, per i senza tetto: perché, guardando a Cristo, che si è fatto povero perché noi diventassimo ricchi, tutti sappiamo riscoprire il valore delle cose, e viviamo la solidarietà evitando gli sprechi e accogliendo i bisogni dei più disagiati, preghiamo. Rit.
– Per la nostra comunità: sappia promuovere sempre il valore e il rispetto della vita e la cura per ogni essere vivente, preghiamo. Rit.
Celebrante: O Padre, che ci hai resi ricchi con il dono della vita del tuo Figlio Gesù, donaci la grazia di vivere per sempre con te, nella gioia del Paradiso, dove la vita non avrà mai fine. Per Cristo nostro Signore.
Preghiera sulle offerte
O Dio, che per mezzo dei segni sacramentali compi l’opera della redenzione, fa’ che il nostro servizio sacerdotale sia degno del sacrificio che celebriamo. Per Cristo nostro Signore.
Prefazio delle Domeniche del Tempo Ordinario VII (proposta)
La salvezza nell’obbedienza di Cristo.
È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno.
Nella tua misericordia hai tanto amato gli uomini
da mandare il tuo Figlio come Redentore
a condividere in tutto, fuorché nel peccato, la nostra condizione umana.
Così hai amato in noi ciò che tu amavi nel Figlio
e in lui, servo obbediente, hai ricostituito l’alleanza
distrutta dalla disobbedienza del peccato.
Per questo mistero di salvezza, uniti agli angeli e ai santi,
cantiamo con gioia l’inno della tua lode: Santo…
Antifona alla comunione
Anima mia, benedici il Signore: tutto il mio essere benedica il suo santo nome. (Sal 103,1)
Oppure:
“Padre, prego per loro, perché siano in noi una cosa sola, e il mondo creda che tu mi hai mandato”, dice il Signore. (Gv 17,20-21)
Oppure:
“Io ti dico, alzati!”, disse il Signore. E subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare. (Mc 5,41-42)
Preghiera dopo la comunione
La divina Eucaristia, che abbiamo offerto e ricevuto, Signore, sia per noi principio di vita nuova, perché, uniti a te nell’amore, portiamo frutti che rimangano per sempre. Per Cristo nostro Signore.
Un po’ di pane per camminare
«Perché disturbi ancora il Maestro?». Due storie, quelle narrate oggi nel Vangelo, tanto diverse quanto vicine: da una parte una storia raccontata tra il clamore e la ressa della folla, che ha per protagonista una donna anziana, provata da lunga malattia ma ancora in grado di raggiungere il Maestro e di ottenere una guarigione che si è guadagnata con la propria fede; dall’altra parte il silenzio di una fanciulla, ormai morta, lasciata sola nel piano superiore mentre tutti sono giù a piangerla: non può fare nulla ormai per sé e tutto sembra spento per sempre. Storie quasi opposte ma che hanno tantissimo in comune. Anzitutto hanno in comune quanto di più negativo possa esserci per un pio israelita: sono donne segnate fisicamente da ciò che rende impuro. Tra le tante cose che rendevano impuro una persona, due erano da evitare particolarmente: il sangue e i morti. E in tali casi, un gesto era da evitare assolutamente: il contatto. Non bisognava toccare un impuro perché tale contatto avrebbe reso la persona impura. Ecco perché nel racconto evangelico è messo in risalto proprio questo contatto con Gesù: «Chi ha toccato le mie vesti?» chiede ai discepoli; e arrivati nella stanza dove giaceva la fanciulla, il racconto afferma: «Prese la mano della bambina». Entrambe le donne entrano in contatto con il Cristo della vita ed entrambe ottengono guarigione, risurrezione, una vitalità espressa an-che con il camminare della fanciulla pienamente riabilitata e affamata; una sensazione di benessere sensibilmente avvertita anche dalla donna guarita, che non necessita di ulteriori accertamenti medici per comprovare l’avvenuta guarigione, in quanto avverte chiaramente di essere stata risanata. Nello sfondo a questi due avvenimenti troviamo la fede della donna e del padre della fanciulla, una fede intima, che solo Dio conosce; una fede che non teme e non viene scalfita neanche dinanzi alla morte conclamata. Cristo è lo stesso, ieri, oggi, sempre: è il Signore della vita e della morte; è il Cristo che dona vita; è il Pastore eterno venuto per donarci vita in abbondanza; egli è la Via, la Verità e la Vita. Tocchiamolo nella fede, lasciamoci prendere per mano, ricorriamo a Lui con fede ed egli ci salverà.
Conosciamo l’Opus Matris Verbi Dei
Capitolo 6
In continua penitenza
Art. 106 – Ai Sodali, in quanto penitenti poveri, è assolutamente proibito fumare, mentre l’uso dei liquori, caffè, bibite, gelati ed altri simili superfluità sia contenuto nei limiti della necessità fisica o della convenienza.
Salvo vera necessità non si mangi né si prendano bevande fuori pasto.