26 Giugno 2018 – Martedì, XII del Tempo Ordinario – (2Re 19,9b-11.14-21.31-35a.36; Sal 47[48]; Mt 7,6.12-14) – I Lettura: Mentre il regno di Israele è destinato a scomparire a causa della sua infedeltà a Dio (dopo l’assedio di tre anni, Samarìa cede e la popolazione è deportata in Assiria e, come consuetudine degli Assiri, nelle terre di Samarìa vengono insediate altre genti deportate da province diverse), a Giuda il re Ezechìa (716-687 a.C.) intraprende una riforma religiosa, depurando il culto a Jahvè da ogni forma di influenza straniera, soprattutto assira. Questa politica lo porta a ribellarsi e ad inimicarsi il re assiro Sennàcherib che risponde distruggendogli tutte le città fortificate. Spaventato, Ezechìa gli manda un’ambasciata e versa un tributo che preleva dal tesoro del tempio. Ma quando Sennàcherib li invita alla resa insultando Dio, il re di Giuda dopo aver pregato, incoraggiato dal profeta Isaìa, resiste entro le mura del tempio di Gerusalemme, finché Dio stesso non interviene decimando l’esercito assediante. Sennàcherib tornerà a Nìnive, sua nuova capitale, dove troverà la morte per mano dei suoi stessi figli. Questo episodio è ricordato in Ger 7,10, dove il profeta rimprovera quei Giudei che erroneamente presumevano di salvarsi da un attacco babilonese rifugiandosi nel tempio senza però emendare i loro costumi corrotti. Salmo: “La gioia di tutta la terra è la gioia del peccatore che si sente perdonato” (Rufino). Vangelo: I porci non comprendono il valore delle perle, non sanno apprezzarne la bellezza, essi bramano il cibo sul quale si avventano immediatamente non appena glielo si porge. Se incautamente si danno perle ai porci, questi non riconoscendole come cibo si avventerebbero contro il padrone. Questo è un avvertimento per coloro che evangelizzano: bisogna stare attenti a chi ci si rivolge per evitare che i doni di Dio possano essere disprezzati.
Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».
Riflessione: “Gesù Cristo, dicendo di non dare le cose sante ai cani, e le perle ai porci, non vuole affermare che gli uomini ridotti così debbono lasciarsi in abbandono, egli anzi ci esorta a pregare, a chiedere insistentemente e con ardore la conversione di queste anime, e in generale a domandare il bene per noi e per tutti quelli che possono sembrarci difettosi… La conversione è una grazia difficile perché non discende solo dall’infinita liberalità di Dio, ma richiede la cooperazione dell’umana libertà. Bisogna chiedere, perché la grazia muova l’indurito cuore del peccatore; bisogna cercare dal Signore stesso i mezzi, le occasioni e le circostanze propizie per muoverlo al bene; e bisogna picchiare alle porte della divina misericordia, perché si aprano, nonostante i demeriti e le miserie di chi vive come un povero animale. La preghiera, fatta in maniera così insistente e per un fine così grande, raggiunge il suo scopo… Disgraziatamente anche nel campo della carità è raro trovare cuori ardenti che sappiano preoccuparsi principalmente e prima di tutto delle anime. L’uomo non è un ruminante che, o mangia o tritura ciò che ha mangiato; non può cioè stare in occupazioni e preoccupazioni di mangiare. Deve pensare che ha un’anima da salvare, una meta eterna da conquistare, e deve volgere a questa meta tutte le sue aspirazioni… Certi stati d’animo del nostro prossimo, intestardito in una passione, acceso di concupiscenza, sopraffatto dalla violenza del carattere, cieco nelle tenebre della miscredenza, ostinato nel peccato, sembrano quasi una fatalità, un destino che lo trascina nell’Abisso. È proprio e principalmente per questi stati d’animo e per queste miserie invincibili che Gesù Cristo ci dice di chiedere, di cercare e di bussare… Dio ci tratta come noi trattiamo gli altri, ed è nostro interesse avere carità verso tutti. Carità di pensieri, di parole, di tratti, una carità delicata, che vede nelle creature l’immagine di Dio, carità spirituale e carità corporale. È a questo prezzo che si traggono le grazie dal Cielo e si inonda la vita di benedizioni. La carità è la radice ed il fiore di tutte le virtù, perché l’amore non ci fa mai errare nel desiderare ciò che ci giova” (Don Dolindo Ruotolo).
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Tutto quanto volete… – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 7 Aprile 1999): Gesù non abolisce la Legge nei suoi valori fondamentali, ma la perfeziona, come dice egli stesso nel discorso della montagna: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento” (Mt 5,17). Gesù addita il cuore della Legge nel precetto dell’amore, e ne sviluppa le esigenze radicali. Ampliando il precetto dell’Antico Testamento, egli comanda di amare amici e nemici, e spiega questa estensione del precetto facendo riferimento alla paternità di Dio: “Perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt 5,43-45; cfr. CCC 2784). Con Gesù avviene un salto di qualità: egli sintetizza la Legge e i Profeti in una sola norma, tanto semplice nella sua formulazione quanto difficile nell’attuazione: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (cfr. Mt 7,12). Questa è addirittura presentata come la via da percorrere per essere perfetti come il Padre celeste (cfr. Mt 5,48). Chi agisce così, rende testimonianza agli uomini perché sia glorificato il Padre che è nei cieli (cfr. Mt 5,16), e si dispone a ricevere il Regno che egli ha preparato per i giusti, secondo le parole di Cristo nel giudizio finale: “Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi” (Mt 25,34).
Entrate per la porta stretta – Paolo VI (Udienza Generale, 11 Marzo 1970): Non tutto si può avere e godere. La scelta s’impone. «Il regno dei cieli, dice ancora il Signore, è simile ad un mercante che va in cerca di pietre preziose; e trovata una pietra di grande pregio, va, vende tutto ciò che ha, e se la compera» (Mt 13,45-46). Questo concetto della scelta, che include quello della rinuncia, ricorre altre volte nel Vangelo: «Nessuno può servire a due padroni…» (Mt 6,24); «entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione…» (Mt 7,13). Questo problema della scelta domina l’orientamento della vita cristiana, fino dal suo inizio, cioè dal battesimo, al cui conferimento sono poste, come condizione, alcune rinunce capitali; ricordate? Rinunci a Satana? rinunci alle sue opere e alle sue vanità? ecc. Perché è da ricordare che non tutto è bene.
La porta stretta – Giovanni Paolo II (Omelia, 24 Agosto 1980): La porta stretta è anzitutto l’accettazione umile, nella fede pura e nella fiducia serena, della parola di Dio, delle sue prospettive sulle nostre persone, sul mondo e sulla storia; è l’osservanza della legge morale, come manifestazione della volontà di Dio, in vista di un bene superiore che realizza la nostra vera felicità; è l’accettazione della sofferenza come mezzo di espiazione e di redenzione per sé e per gli altri, e quale espressione suprema di amore; la porta stretta è, in una parola, l’accoglienza della mentalità evangelica, che trova nel discorso della montagna la più pura enucleazione. Bisogna, insomma, percorrere la via tracciata da Gesù e passare per quella porta che è egli stesso: “Io sono la porta; se uno entra attraverso di me sarà salvo” (Gv 10,9). Per salvarsi bisogna prendere come lui la nostra croce, rinnegare noi stessi nelle nostre aspirazioni contrarie all’ideale evangelico e seguirlo nel suo cammino: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Lc 9,23).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: La regola d’oro – “Se vuoi come condensare in una frase il succo dei consigli del Vangelo, devi cogliere e scolpire nel tuo cuore quella massima uscita dalla bocca del Signore e che è la sintesi di tutta la giustizia: Tutte quelle cose che vorreste che gli altri uomini facessero a voi, fatele voi ad essi [Mt 7,12]. In verità, le specie e le parti della giustizia sono infinite, ed è assai difficile non solo analizzarle per iscritto, ma anche coglierle col pensiero. Tutte, comunque, sono racchiuse in quell’unica e scheletrica massima, che o assolve o condanna – in base a un tacito giudizio dell’anima – la coscienza intima e nascosta degli uomini. Prima d’ogni azione, prima d’ogni parola e prima ancora d’ogni pensiero, ritorna con la mente a questa massima. È come uno specchio che ti sta di fronte e che puoi sempre avere sottomano, in grado di riflettere la moralità delle tue decisioni nonché di accusarti per le azioni ingiuste o darti gioia per quelle fatte secondo giustizia” (San Girolamo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Due virtù oggi forse un po’ neglette: la prudenza e la carità, cioè l’amore puro e disinteressato. Le cose sante sono gli alimenti santificati per essere stati offerti nel tempio (cfr. Es 22,30; Lv 22,14); la perla è la dottrina preziosa e santa che Israele custodisce gelosamente; i cani e i porci, animali immondi per la Legge giudaica, sono i pagani, quelli che non appartengono al popolo d’Israele. Quindi prudenza nel mettere in mano a chi deride e a chi è ostile le cose sante di Dio. Possiamo pensare ai sacramenti che vengono distribuiti a chicchessia, senza prudenza, creando scandalo, e, sopra tutto, facendo sì che i santi doni di Dio vengano calpestati, dileggiati. Il principio della carità era stato già esposto nel libro di Tobia (4,15), ma al negativo, qui Gesù lo coniuga al positivo. Per meglio comprendere possiamo ricordare un’altra parola di Gesù: amerai il prossimo tuo come te stesso (Mt 19,19). Dio sa che l’uomo ama se stesso più di ogni altra cosa, ed è questo amore interessato che inizialmente deve fare da cornice alla carità: se tu vuoi essere stimato stima, se vuoi essere amato ama, se vuoi essere compreso comprendi, se vuoi essere gratificato gratificata…, alla fine, questo amore interessato, se scrostato, può diventare il punto di partenza per una carità disinteressata. La porta stretta è la rinuncia a se stessi e ai beni mobili e immobili, la povertà è la via regale che conduce al Cielo. Tutti i santi sono passati per questa porta: l’insegnamento di Gesù “esige coraggio e impegno: per salvarsi è necessario seguire il Maestro sulla via che porta al Calvario” (A. Poppi). Alla prudenza e alla carità bisogna aggiungere la santa furbizia che spesso, come dice Gesù, manca proprio ai figli della luce (Lc 16,8).
Santo del giorno: 26 Giugno – San Josemaria Escrivá de Balaguer, Sacerdote: Nacque a Barbastro (Spagna) il 9 gennaio 1902. Fu ordinato sacerdote nel 1925. Nel 1927 iniziò a Madrid un instancabile lavoro sacerdotale dedicato in particolare ai poveri e ai malati nelle borgate e negli ospedali. Il 2 ottobre del 1928 ricevette una speciale illuminazione divina e fondò l’Opus Dei, un’istituzione della Chiesa che promuove fra cristiani di tutte le condizioni sociali una vita coerente con la fede in mezzo al mondo attraverso la santificazione delle opere quotidiane: il lavoro, la cultura, la vita familiare… Alla sua morte, nel 1975, la sua fama di santità si è diffusa in tutto il mondo. Il 6 ottobre 2002 è stato canonizzato dal Santo Padre Giovanni Paolo II.
Preghiamo: Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore. Per il nostro…