23 Giugno 2018 – Sabato, XI del Tempo Ordinario – (2Cr 24,17-25; Sal 88[89]; Mt 6,24-34) – I Lettura: I libri delle Cronache narrano delle stesse vicende contenute nei libri di Samuèle e dei Re, il periodo, cioè, che va da Davide e Salomone alla deportazione in Babilonia, ma con maggiori dettagli. Mentre i libri dei Re le trattano da un punto di vista politico, le Cronache le trattano da un punto di vista religioso. Il regno sotto Ioas vede un ritorno del regno di Giuda allo Jahvismo, dopo che Atalìa aveva introdotto anche in Giuda il culto del dio fenicio Baal. Ma, alla morte del sacerdote Ioiadà, anche Ioas si allontana dalla buona condotta e, su istigazione dei suoi comandanti, trascura la cura del tempio e favorisce il culto degli idoli. Dio suscita profeti, tra questi il figlio del sacerdote Ioiadà, benefattore di Ioas, Zaccarìa. Ma il re, non solo non dà ascolto ai suoi richiami, ma lo fa uccidere. Per questa sua colpa, Dio lo mette in mano degli Aramei che uccidono i suoi comandanti e depredano il tempio dei suoi arredi. Il re, solo e malato, cadrà vittima di una congiura. Salmo: “Profezia della nascita del Cristo, del suo regno, della sua passione. Le misericordie del Signore sono la liberazione dal peccato e dalla morte” (Atanasio). Vangelo: Il possesso dei beni materiali richiede una costante cura e vigilanza, diventa un’occupazione quasi esclusiva, tale da poter essere considerato un padrone. Ma anche la necessità può dimostrarsi tiranna quando diventa preoccupazione ansiosa per il domani. Entrambe le situazioni portano ad una concentrazione eccessiva sui beni materiali. La persona è più importante e merita più attenzione rispetto ai beni che le necessitano.
Non preoccupatevi del domani – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».
Riflessione: Se vogliamo vivere sereni, nella pace, senza turbamenti, è necessario mettere la nostra povera vita nelle mani di Dio (Sal 16,5), perché è lui a plasmarla con ogni arte e perfezione: «Questa parola fu rivolta dal Signore a Geremia: “Àlzati e scendi nella bottega del vasaio; là ti farò udire la mia parola”. Scesi nella bottega del vasaio, ed ecco, egli stava lavorando al tornio. Ora, se si guastava il vaso che stava modellando, come capita con la creta in mano al vasaio, egli riprovava di nuovo e ne faceva un altro, come ai suoi occhi pareva giusto. Allora mi fu rivolta la parola del Signore in questi termini: ‘Forse non potrei agire con voi, casa d’Israele, come questo vasaio? Oracolo del Signore. Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani, casa d’Israele’» (Ger 18,6-9). Tutto è nelle mani di Dio, ha contato i giorni dell’uomo (Gb 14,5; Sal 139,16), ne conosce ogni movimento (Sir 16,17), gli ha preparato un destino di gloria (cfr. Rm 8,29-30). Ecco, allora, la risposta più bella che un credente può dare all’amore squisitamente materno del Padre che è nei cieli: farsi plasmare da Dio, che è madre provvidente per tutti i suoi figli.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: L’abbandono nelle mani della Provvidenza divina – Benedetto XVI (Omelia, 26 Luglio 2009): Non è facile proporre il tema della Provvidenza in un mondo prostrato da crudeli dolori come è ora il nostro. Non di rado coloro che patiscono le disgrazie più grandi, sentono quasi un’avversione verso Dio, perché non capiscono come possa permettere tanto gravi sofferenze nella loro vita, o in quella dei loro cari. La tentazione di vedere Dio come nemico è molto frequente e sommamente dolorosa. È, dunque, necessario purificare la nostra mente e il nostro cuore da queste idee insidiose, e tornare al vero significato della Provvidenza di Dio. La Provvidenza non è un cieco abbandonarsi alle correnti della vita, sperando che Dio intervenga manifestandosi come un’energia spettacolare nel momento più opportuno. La Provvidenza è cercare con tutte le forze dell’anima il Regno di Dio e la sua giustizia, e confidare che niente ci mancherà, se rimarremo in quella docilità suprema alla volontà di Dio. Fidarsi della Provvidenza è qualcosa di molto rischioso, perché presuppone il camminare nell’ambito del soprannaturale, nell’ambito delle cose che non si vedono, della pura fiducia in Dio. Si tratta di lanciarsi alla realizzazione delle opere di Dio, non spinti dalla proprie forze, bensì semplicemente dalla consapevolezza dell’invito divino. Quando il Curato d’Ars fondò, alla fine del XIX secolo, la “Provvidenza”, un asilo per bambine orfane, non aveva i mezzi per sostenere quell’istituzione, né aveva modo di alimentare tutte quelle ragazze che, ad un certo momento, giunsero ad essere oltre sessanta. Un giorno, in un periodo di grave necessità, senza sapere come, si moltiplicarono i suoi granai e poté senza difficoltà dar loro da mangiare. La storia di Eliseo torna sempre a ripetersi, cioè la storia dell’intervento di Dio in favore di chi sa fidarsi di Lui. Non cessiamo di intraprendere ciò che sembra essere volontà di Dio, per timore che ci manchino i mezzi materiali: Dio provvederà!
Cercate il regno di Dio – Paolo VI (Omelia, 8 Settembre 1963): Cosa deve dire il Santo Padre? La stessa cosa che dice il Vangelo: prima di tutto compiere i doveri religiosi. Tutto il resto verrà se ai doveri religiosi si adempirà bene, con coscienza; poiché, se la vita nostra è innestata sulla Provvidenza divina, tutto il resto non manca, ma arricchisce la nostra vita con l’abbondanza di una pioggia; anche le altre questioni: temporali, materiali, civili, sociali trovano facile soluzione se questo primo, fondamentale dovere è compiuto. Purtroppo siamo invece molto corrivi a dimenticare questo dovere: se non abbiamo le comodità che tutti aspirano ad avere, i doveri religiosi passano prima in seconda linea e poi sono dimenticati. Molti vogliono che sia la Religione ad andare in cerca di essi piuttosto che andare essi in cerca della Religione. Il Santo Padre vuole ricordare l’esempio dei nostri vecchi: la domenica facevano chilometri e chilometri per andare ad assistere alla Messa, magari ne ascoltavano pure una seconda; si recavano poi alle Funzioni pomeridiane o alla Dottrina o alle altre azioni di culto. Invece adesso la gente del mondo nostro sente poco la domenica religiosa.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Manifesta al Signore il tuo affanno, e spera in lui, ed egli farà [Sal 54,23]. Di che cosa ti preoccuperai? Per che cosa ti affannerai? Chi ti ha fatto si prenda cura di te. Chi ebbe cura di te prima che tu esistessi, non si curerà di te quando ormai sei ciò che egli ha voluto tu fossi? Perché ormai sei fedele, già cammini sulla via della giustizia. Non avrà dunque cura di te colui che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti? Trascurerà, abbandonerà, lascerà solo te che sei già giusto e vivi nella fede? Al contrario egli ti benefica, ti aiuta, ti dà qui ciò che ti è necessario, ti difende dalle avversità. Facendo doni ti consola affinché tu perseveri, togliendoteli ti corregge affinché tu non perisca; il Signore ha cura di te, stai tranquillo. Ti sostiene colui che ti ha fatto, non cadere dalla mano del tuo Creatore; se cadrai dalla mano del tuo artefice ti spezzerai. La buona volontà ti aiuta a rimanere nelle mani di colui che ti ha creato. Di’: «Il mio Dio lo vuole, egli mi reggerà, egli mi sosterrà». Abbandonati a lui, non credere che ci sia il vuoto quasi che tu dovessi precipitare; non t’immaginare una cosa di questo genere. Egli ha detto: «Io riempio il cielo e la terra». Mai egli ti mancherà; non mancargli tu, non mancare tu a te stesso” (Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Nell’Antico Testamento la provvidenza si manifesta in mille modi, tutti pregnanti di infinita tenerezza paterna. Nella storia di Isacco e di Rebecca (Gen 24,50), nell’incontro di Tobia e Sara (Tb 3,16-17), l’intervento di Dio è determinante. L’azione divina custodisce Abramo, Giacobbe, Giobbe, Ester, Daniele e chiunque confida nel suo aiuto (Sal 1; 25,2; 91; ecc.); determina la vita di ogni uomo, ha in mano le sorti dell’uomo: «Il cuore dell’uomo elabora progetti, ma è il Signore che rende saldi i suoi passi» (Pro 16,9). Egli ha cura di tutti, del piccolo e del grande, e a tutti provvede in egual misura (Sap 6,7). A tanto amore provvidente la risposta dell’uomo deve essere un abbandonarsi gioioso tra le braccia materne di Dio (cfr. Is 49,14-15), osservando però alcune regole. Innanzi tutto, la Provvidenza non è ozio: «… infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi» (2Ts 3,10). Poi, bisogna accontentarsi di quello che si ha: «Certo, la religione è un grande guadagno, purché sappiamo accontentarci! Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via. Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, accontentiamoci. Quelli invece che vogliono arricchirsi, cadono nella tentazione, nell’inganno di molti desideri insensati e dannosi, che fanno affogare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali; presi da questo desiderio, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti tormenti» (1Tm 6,6-10; cfr. Sir 37,27).
Santo del giorno: 23 Giugno – San Giuseppe Cafasso, Sacerdote: “Nasce a Castelnuovo d’Asti nel 1811, frequenta le scuole pubbliche al suo paese e poi entra nel Seminario di Chieri (Torino). È di salute malferma, ma sacerdote già a 22 anni, e con un solido ascendente sui compagni. Viene accolto dal teologo Luigi Guala nel convitto ecclesiastico da lui aperto a Torino. Questi lo spinge a compiere opera di catechesi verso i giovani muratori e i carcerati, poi lo vuole a fianco nella cattedra di teologia morale. In 24 anni di insegnamento Giuseppe forma generazioni di sacerdoti, dedicandosi anche ad un’intensa opera pastorale verso tutti bisognosi: condivide le ore estreme con i condannati a morte ed opera tra i carcerati, cui non fa mancare buone parole e sigari, includendo nel suo servizio anche l’aiuto alle famiglie e il soccorso ai dimessi. Succeduto al Guala, ne perfeziona l’opera, rifiutando sempre ogni titolo onorifico. Grande amico di don Giovanni Bosco (che lo definirà «modello di vita sacerdotale»), lo aiuta materialmente e moralmente nella sua missione. È patrono dei carcerati e dei condannati a morte” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo…