22 Giugno 2018 – Venerdì, XI del Tempo Ordinario – (2Re 11,1-4.9-18.20; Sal 131[132]; Mt 6,19-23) – I Lettura: Acazia aveva 22 anni quando era asceso al trono e la sua dispotica madre Atalia, figlia di Omri, l’aveva spinto ad agire malvagiamente (2Cr 22,2). Alla morte del figlio, Atalia, seguace dei culti di Baal, fa sterminare tutta la discendenza reale per impossessarsi del trono e regnare da sola. Dalla furia omicida di Atalia si salva il piccolo Ioas figlio di Acazia. Sette anni dopo, a seguito di una congiura di palazzo, Ioas sarà proclamato re e Atalia sarà uccisa di spada nella reggia. Sangue chiama sangue, è inevitabile; Israele non è più il popolo che vive all’ombra delle ali di Iahvè, ma cammina su strade tortuose lastricate di delitti, complotti, prepotenze, cospirazioni, crimini innominabili che determineranno la fine di Israele. Salmo: Il frutto delle tue viscere io metterò sul tuo trono! “Anche i discepoli del Cristo siederanno su questo trono; ma i tuoi discendenti, o Davide, non saranno delusi se accoglieranno il Cristo e osserveranno la mia alleanza, non quella della prima legge ma quella del Nuovo Testamento” (Eusebio). Vangelo: Ai tempi di Gesù il contadino aveva poche possibilità di usare il denaro contante, e, quando ne veniva in possesso, anziché spenderlo, lo ammucchiava e lo nascondeva divenendo, molto spesso, bottino per i ladri. Le scelte sono guidate dal giudizio personale su ciò che vale ed è duraturo, un giudizio erroneo rischia di lasciare a bocca asciutta chi non sa sfruttare al meglio i beni transitori.
Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore. La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!».
Riflessione: «Non accumulate per voi tesori sulla terra…». Durante l’omelia, nella cappella di Santa Marta in Vaticano (il 19 giugno 2015), così ha commentato il brano del Vangelo che oggi viene proclamato nella Liturgia. “Gesù torna su una catechesi a Lui molto cara: la catechesi sulle ricchezze; è molto chiaro qui il suo consiglio: «Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano…». Insomma, ha affermato il Papa, «Gesù ci dice che è pericoloso giocare con questo atteggiamento di accumulare tesori sulla terra». È vero, ha riconosciuto il Pontefice, magari «nella radice di questo atteggiamento c’è la voglia di sicurezza». Come a dire: «io voglio essere sicuro e, per questo, ho questo risparmio». Però «le ricchezze non sono come una statua, non sono ferme: le ricchezze hanno la tendenza a crescere, a muoversi, a prendere il posto nella vita e nel cuore dell’uomo». E «così quell’uomo che, per non diventare schiavo di una povertà, accumula ricchezze finisce schiavo delle ricchezze». Ecco, allora, il consiglio di Gesù: «Non accumulate per voi tesori sulla terra». Del resto, ha aggiunto il Papa, «le ricchezze invadono anche il cuore, s’impa-droniscono del cuore e corrompono il cuore. E quell’uomo finisce corrotto per questo atteggiamento di accumulare ricchezze». Nel passo evangelico odierno, «Gesù parla delle tarme e della ruggine: ma quali sono? C’è la distruzione del cuore, la corruzione del cuore e anche la distruzione delle famiglie». E così il Pontefice ha ricordato anche «quel-l’uomo che è andato da Gesù a dirgli: Per favore, parla a mio fratello perché condivida con me l’eredità». E, ancora, ritorna il consiglio del Signore: «State attenti a non attaccarvi alle ricchezze!». È una affermazione chiarissima, ha rimarcato Francesco: «È vero, se noi sentiamo le persone che sono in questo atteggiamento di accumulare ricchezze, loro ‘accantoneranno’ tante scuse per giustificarsi, tante!». Però «alla fine queste ricchezze non danno la sicurezza per sempre. Anzi, ti portano giù nella tua dignità». E questo vale anche «in famiglia»: tante famiglie si dividono proprio per le ricchezze. Il diavolo entra per i portafogli e da lì a tutti i vizi. Questa è proprio la corruzione, è la ruggine che ci consuma”.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: L’esempio di Cristo – Giovanni Paolo II (Messaggio, 1 Gennaio 1993): Il Vangelo invita, in proposito, i credenti a non ammassare beni di questo mondo perituro: «Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignuola e ruggine consumano e dove i ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo» (Mt 6,19-20). È, questo, un dovere insito nella vocazione cristiana non diversamente da quello di lavorare per sconfiggere la povertà; ed è anche un mezzo molto efficace per riuscire in tale impresa. La povertà evangelica è ben diversa da quella economica e sociale. Mentre questa ha caratteristiche impietose e spesso drammatiche, essendo subita come una violenza, la povertà evangelica è liberamente scelta dalla persona che intende così corrispondere al monito di Cristo: «Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo» (Lc 14,33). Tale povertà evangelica si pone come fonte di pace, perché grazie ad essa la persona può instaurare un giusto rapporto con Dio, con gli altri e con il creato. La vita di chi si pone in quest’ottica diventa, così, testimonianza dell’assoluta dipendenza dell’umanità da Dio che ama tutte le creature, ed i beni materiali vengono riconosciuti per quello che sono: un dono di Dio per il bene di tutti. La povertà evangelica è una realtà che trasforma coloro che l’accolgono. Essi non possono restare indifferenti di fronte alla sofferenza dei miseri; si sentono, anzi, spinti a condividere attivamente con Dio l’amore preferenziale per loro (cfr. Sollecitudo Rei Socialis 42). Tali poveri secondo il Vangelo sono pronti a sacrificare i loro beni e se stessi perché altri possano vivere. Unico loro desiderio è di vivere in pace con tutti, offrendo agli altri il dono della pace di Gesù (cfr. Gv 14,27). Il Maestro divino ci ha insegnato con la sua vita e le sue parole le esigenti caratteristiche di questa povertà che dispone alla libertà vera. Egli «pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo» (Fil 2,6-7). Nacque nella povertà; da bambino fu costretto ad andare in esilio con la sua famiglia per sfuggire alla ferocia di Erode; visse come uno che «non ha dove posare il capo» (Mt 8,20). Fu denigrato quale «mangione e beone, amico dei pubblicani e dei peccatori» (Mt 11,19) e subì la morte riservata ai criminali. Chiamò beati i poveri ed assicurò che è per loro il Regno di Dio (cfr. Lc 6,20). Ricordò ai ricchi che l’inganno della ricchezza soffoca la Parola (cfr. Mt 13,22), e che per loro è difficile entrare nel Regno di Dio (cfr. Mc 10,25). L’esempio di Cristo, non meno della sua parola, è norma per i cristiani. Noi sappiamo che tutti, senza distinzioni, nel giorno del giudizio universale, saremo giudicati sul nostro amore concreto verso i fratelli. Sarà anzi nell’amore concretamente esercitato che molti, in quel giorno, scopriranno di aver di fatto incontrato Cristo, pur non avendolo prima conosciuto in modo esplicito (cfr. Mt 25,35-37). «Se cerchi la pace, va’ incontro ai poveri!». Possano i ricchi e i poveri riconoscersi fratelli e sorelle, condividendo tra loro quanto posseggono, come figli di un solo Dio che ama tutti, che vuole il bene di tutti, che offre a tutti il dono della pace!
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Possesso e uso delle ricchezze – «Disprezza le ricchezze, se vuoi possedere le ricchezze; sii povero, se vuoi essere ricco. Tali sono infatti gli inattesi beni di Dio, egli vuole che non per tuo studio, bensì per sua grazia, tu diventi ricco. Lascia a me – egli dice – codeste cose: tu cura le cose dello spirito, per apprendere la mia potenza: fuggi dal giogo e dalla schiavitù delle ricchezze. Fintanto che le tratterrai in tal modo, sarai povero: allorché invece le disprezzerai, sarai doppiamente ricco; e perché ti perverranno da ogni dove, e perché nulla ti mancherà di quanto invece sono carenti i più. Non è infatti il possedere a dismisura che fa ricco, bensì il non mancare di troppe cose. Perciò, quando c’è l’indigenza, il re in nulla differisce dal povero: la povertà infatti è questo aver bisogno degli altri: proprio per questa ragione il re sia povero, poiché necessita del servizio dei sudditi. […] Se vuoi conseguire le cose del mondo, cerca il cielo se vuoi fruire delle cose presenti, disprezzale: dice [Gesù]: “Cercate prima di tutto il regno di Dio, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta” [Mt 6,33]. Perché ti soffermi sulle piccole cose? Perché resti a bocca aperta davanti a cose di nessun valore? Fino a quando sarai povero e mendico? Guarda il cielo pensa alle ricchezze di lassù: fatti beffe dell’oro, apprendi quale sia il suo vero uso» (Giovanni Crisostomo).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Non accumulate per voi tesori sulla terra, un invito a tutto tondo ad amare la povertà. Gesù non vuole un popolo di straccioni, di indigenti, ma una povertà che affranca l’uomo dalla schiavitù del denaro e, liberando il suo cuore da inutili preoccupazioni, lo proietta alla conquista dei veri beni, quelli eterni, il Cielo in una parola. In questa luce, la povertà non sarà più un terribile spauracchio. Da qui il fermo proposito di disfarsi delle ricchezze il cui attaccamento è «la radice di tutti i mali» (1Tm 6,10). La Parola di Dio, sopra tutto il Vangelo di Luca, ama mettere l’accento sul pericolo delle ricchezze (cfr. Lc 23,11; 5,11-28; 6,30; 7,5; 11,41; 12,33-34; 14,13.33; 16,9; 18,22; 19,8; At 9,36; 10,2.4.31). A una società licenziosa, dove il denaro è tutto ed è sinonimo di potenza, lusso, prepotenza, angherie, sfrenatezze di ogni natura e specie, i cristiani devono contrapporre una comunità povera, abbandonata alla Provvidenza. Ciò è stato compreso fin dalla prima ora dagli Apostoli e dai discepoli i quali, proprio per essere fedeli a questa radicalità evangelica, metteranno in comune i loro beni (cfr. At 2,44ss; 4,32-37; 5,1-11). Affrancati da pesi inutili, quali la paura di perdere ogni bene e di ridursi alla fame, o liberi dalla brama di possedere, i discepoli possono tenere bene gli occhi aperti sulle realtà future (cfr. Col 3,1-3) e attendere con gioia e fiducia la venuta gloriosa dello Sposo celeste.
Santo del giorno: 22 Giugno – San Tommaso Moro, Martire: “Tommaso Moro è il nome italiano con cui è ricordato Thomas More (7 febbraio 1478 – 6 luglio 1535), avvocato, scrittore e uomo politico inglese. More ha coniato il termine «utopia», indicando un’immaginaria isola dotata di una società ideale, di cui descrisse il sistema politico nella sua opera più famosa, «L’Utopia», del 1516. È ricordato soprattutto per il suo rifiuto alla rivendicazione di Enrico VIII di farsi capo supremo della Chiesa d’Inghilterra, una decisione che mise fine alla sua carriera politica conducendolo alla pena capitale con l’accusa di tradimento. Nel 1935, è proclamato santo da Papa Pio XI; dal 1980 è commemorato anche nel calendario dei santi della chiesa anglicana (il 6 luglio), assieme all’amico John Fisher, vescovo di Rochester, decapitato quindici giorni prima di Moro. Nel 2000 San Tommaso Moro venne dichiarato patrono degli statisti e dei politici da Papa Giovanni Paolo II” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo…