giugno, meditazioni

21 Giugno 2018

21 Giugno 2018 – Giovedì, XI del Tempo Ordinario – San Luigi Gonzaga (Memoria) – (Sir 48,1-14; Sal 96[97]; Mt 6,7-15) – I Lettura: Il libro del Siràcide, scritto tra il 195 e il 168 a.C., nel periodo della dominazione seleucide, ha lo scopo di mostrare la superiorità sapienziale del giudaismo rispetto all’ellenismo. Dopo aver esaltato la Sapienza e dettato massime e dato consigli pratici, Ben Sira inizia l’elogio di personaggi della storia d’Israele mettendo in risalto come la sapienza dell’ebraismo provenisse direttamente da Dio (cfr. Sir 45,1-26), ciò di cui l’ellenismo non può vantarsi. Ma il dono divino della sapienza è strettamente legata all’osservanza dei suoi comandamenti (vedi la vicenda di Salomone: Sir 47,1-24). Con l’elogio di Elìa e di Elisèo l’autore mostra un quadro della devastazione che attende chi si ribella alla legge di Dio: i profeti rappresentano gli uomini fedeli che stanno al cospetto di Jahvè e si oppongono ai re d’Israele che invece non lo furono e sui quali viene manifestata la potenza divina per opera loro. Salmo: “I profeti hanno desiderato e intravvisto da lontano ciò che noi vediamo (cfr. Mt 13,17)… Tutto in questo salmo si riferisce al Cristo” (Agostino). Vangelo: Il Padre Nostro risponde alla richiesta dei discepoli a Gesù di insegnare loro una formula per pregare. Gesù insegna questa preghiera e la contrappone alla preghiera dei pagani, forse alludendo alle lunghe formule di certi riti magici che non avevano alcun senso. Nella nuova economia della salvezza il rapporto tra l’uomo e Dio è un rapporto di figliolanza e il Padre che è nei cieli è attento alle necessità dei figli, quindi sono inutili anche quelle lunghe liste di richieste, presenti in certe formule ebraiche.

Voi dunque pregate così – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».

Riflessione: «Voi dunque pregate così». “Avvicinatevi, dunque, a questo buon Maestro, con la ferma risoluzione di imparare ciò che egli vi insegnerà. E Sua Maestà [Gesù] farà sì che non manchiate di divenire sue buone discepole, né vi verrà meno, se voi non venite meno a lui. Meditate le parole che pronuncia quella bocca divina, e fin dalla prima comprenderete subito l’amore che ha per voi. Non è certo piccolo conforto, né dono da poco per un discepolo vedersi amato dal proprio Maestro. «Padre nostro che sei nei cieli». […] Non bastava, Signore, che ci accordaste di chiamarvi nostro Padre alla fine della preghiera? Ma voi fin dal principio ci riempite le mani, concedendoci un tale dono, per il quale il nostro intelletto dovrebbe sentirsi così colmo di grazia e la nostra volontà così impegnata da renderci impossibile pronunciare altra parola. Oh, Figlio di Dio e mio Signore, come potete darci, sin dalla prima parola, tanto bene? Dopo esservi umiliato a tal punto da unirvi a noi nelle nostre richieste e farvi fratello di creature così povere e miserabili, come ci date in nome di vostro Padre tutto ciò che si può dare, volendo che ci abbia per figli? E siccome la vostra parola non può venire meno (cfr. Mt 24,35), deve adempirsi: voi lo obbligate ad adempierla! Il che non è cosa di poco peso perché, essendo Padre, ci deve sopportare, per quanto gravi siano le nostre offese; perdonarci quando ritorniamo a lui, come il figliuol prodigo (cfr. Lc 15,20); consolarci nelle nostre sofferenze come si conviene a un tal Padre che è necessariamente migliore di tutti i padri del mondo, perché in lui non può esserci se non l’assoluta perfezione. Deve sostentarci, deve ricoprirci di doni e, infine, renderci partecipi e coeredi con voi (cfr. Ef 3,15-19). Vedo chiaramente, Gesù mio, che voi avete parlato come Figlio prediletto, per voi e per tutti, e che avete la potenza di ottenere che si faccia in cielo quanto avete detto sulla terra. Siate benedetto per sempre, Signor mio, così desideroso di dare, che nessun ostacolo può esservi di impedimento” (S. Teresa d’Avila, Cammino di Perfezione 43,4; 44,2.4).

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Sorse Elia profeta come un fuoco – Benedetto XVI (Udienza Generale, 15 Giugno 2011): Cari fratelli e sorelle, che cosa dice a noi questa storia del passato? Qual è il presente di questa storia? Innanzitutto è in questione la priorità del primo comandamento: adorare solo Dio. Dove scompare Dio, l’uomo cade nella schiavitù di idolatrie, come hanno mostrato, nel nostro tempo, i regimi totalitari e come mostrano anche diverse forme del nichilismo, che rendono l’uomo dipendente da idoli, da idolatrie; lo schiavizzano. Secondo. Lo scopo primario della preghiera è la conversione: il fuoco di Dio che trasforma il nostro cuore e ci fa capaci di vedere Dio e così di vivere secondo Dio e di vivere per l’altro. E il terzo punto. I Padri ci dicono che anche questa storia di un profeta è profetica, se – dicono – è ombra del futuro, del futuro Cristo; è un passo nel cammino verso Cristo. E ci dicono che qui vediamo il vero fuoco di Dio: l’amore che guida il Signore fino alla croce, fino al dono totale di sé. La vera adorazione di Dio, allora, è dare se stesso a Dio e agli uomini, la vera adorazione è l’amore. E la vera adorazione di Dio non distrugge, ma rinnova, trasforma. Certo, il fuoco di Dio, il fuoco dell’amore brucia, trasforma, purifica, ma proprio così non distrugge, bensì crea la verità del nostro essere, ricrea il nostro cuore. E così, realmente vivi per la grazia del fuoco dello Spirito Santo, dell’amore di Dio, siamo adoratori in spirito e in verità.

Padre… – Paolo VI (Udienza Generale, 15 Novembre 1972): La nostra dottrina si fa incerta, oscurata com’è dalle tenebre stesse che circondano il Demonio. Ma la nostra curiosità, eccitata dalla certezza della sua esistenza molteplice, diventa legittima con due domande. Vi sono segni, e quali, della presenza dell’azione diabolica? e quali sono i mezzi di difesa contro così insidioso pericolo? La risposta alla prima domanda impone molta cautela, anche se i segni del Maligno sembrano talora farsi evidenti. Potremo supporre la sua sinistra azione là dove la negazione di Dio si fa radicale, sottile ed assurda, dove la menzogna si afferma ipocrita e potente, contro la verità evidente, dove l’amore è spento da un egoismo freddo e crudele, dove il nome di Cristo è impugnato con odio cosciente e ribelle (cfr. 1 Cor. 16,22; 12,3), dove lo spirito del Vangelo è mistificato e smentito, dove la disperazione si afferma come l’ultima parola, ecc. Ma è diagnosi troppo ampia e difficile, che noi non osiamo ora approfondire e autenticare, non però priva per tutti di drammatico interesse, a cui anche la letteratura moderna ha dedicato pagine famose. Il problema del male rimane uno dei più grandi e permanenti problemi per lo spirito umano, anche dopo la vittoriosa risposta che vi dà Gesù Cristo. «Noi sappiamo, scrive l’Evangelista S. Giovanni, che siamo (nati) da Dio, e che tutto il mondo è posto sotto il maligno» (1Gv 5,19). All’altra domanda: quale difesa, quale rimedio opporre alla azione del Demonio? la risposta è più facile a formularsi, anche se rimane difficile ad attuarsi. Potremmo dire: tutto ciò che ci difende dal peccato ci ripara per ciò stesso dall’invisibile nemico. La grazia è la difesa decisiva. L’innocenza assume un aspetto di fortezza. E poi ciascuno ricorda quanto la pedagogia apostolica abbia simboleggiato nell’armatura d’un soldato le virtù che possono rendere invulnerabile il cristiano (cfr. Rm 13,12 ; Ef 6,11.14.17; 1Tss 5;8). Il cristiano dev’essere militante; dev’essere vigilante e forte (1Pt 5,8); e deve talvolta ricorrere a qualche esercizio ascetico speciale per allontanare certe incursioni diaboliche; Gesù lo insegna indicando il rimedio «nella preghiera e nel digiuno» (Mc 9,29). E l’Apo-stolo suggerisce la linea maestra da tenere: «Non lasciarti vincere dal male, ma vinci nel bene il male» (Rm 12,21).

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Un solo Dio, Padre di tutti. Non ci invita a dire: Padre mio che sei nei cieli; ma “Padre nostro”, facendo così suppliche per il corpo comune della Chiesa e non considerando soltanto il proprio vantaggio particolare ma l’interesse di tutti, dovunque. In questa maniera toglie di mezzo anche l’inimi-cizia, reprime l’orgoglio, elimina l’invidia, introduce nelle anime la carità, madre di tutti i beni; distrugge, inoltre, tutte le disuguaglianze umane, di stato e di condizione, e dimostra l’eguale dignità del re e del povero, dal momento che noi ci ritroviamo tutti uniti nelle cose più importanti e necessarie, in quelle cioè che concernono la nostra comune salvezza. Quale danno, quindi può derivare a noi dalla nostra nascita terrena, se siamo tutti congiunti dalla comune origine divina, senza che nessuno abbia il minimo vantaggio sull’altro, né il ricco sul povero, né il padrone sul servo, né il principe sul suddito… né il sapiente sull’ignorante? A tutti, infatti, è stata elargita un’identica nobiltà, quando Dio si è degnato di farsi chiamare da tutti, ugualmente “Padre”» (San Giovanni Crisostomo).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: La santità di Luigi Gonzaga “incoraggiata dalla presenza di altri due grandi santi, Carlo Borromeo e Roberto Bellarmino, si sviluppò negli anni successivi ad un Concilio, quello di Trento, e in una società in trasformazione, che cercava penosamente se stessa: quindi, in un’epoca che ebbe tanti punti di contatto con quella nostra. San Luigi, a dispetto di una oleografia che ne ha raggelato il ritratto giovanilmente vivo e forte, si è impegnato per il bene di quella società non con lo sterile atteggiamento ribellistico, non con le parole altisonanti e vuote, ma pagando di persona: con un amore di Dio, che fu intenso e puro, come vuole il Vangelo (cfr. Mt 22,37 e parall.), e con un amore del prossimo, che lo portò alla morte, prodigandosi per i colerosi. Così agiscono i giovani: i giovani veri, i giovani sinceri, i giovani coraggiosi, quelli che credono a ciò che pensano, quelli che lasciano un’orma profonda, per sempre. […] Il mondo di oggi ne ha bisogno” (Paolo VI, Udienza Generale, 18 Settembre 1968).

Santo del giorno: 21 Giugno – San Luigi Gonzaga, Religioso gesuita: Figlio del marchese Ferrante Gonzaga, nato il 19 marzo del 1568, fin dall’infanzia il padre lo educò alle armi, tanto che a 5 anni già indossava una mini corazza ed un elmo e rischiò di rimanere schiacciato sparando un colpo con un cannone. Ma a 10 anni Luigi aveva deciso che la sua strada era un’altra: quella che attraverso l’umiltà, il voto di castità e una vita dedicata al prossimo l’avrebbe condotto a Dio. A 12 anni ricevette la prima comunione da san Carlo Borromeo, venuto in visita a Brescia. Decise poi di entrare nella compagnia di Gesù e per riuscirci dovette sostenere due anni di lotte contro il padre. Libero ormai di seguire Cristo, rinunciò al titolo e all’eredità ed entrò nel Collegio romano dei gesuiti, dedicandosi agli umili e agli ammalati, distinguendosi soprattutto durante l’epidemia di peste che colpì Roma nel 1590. In quell’occasione, trasportando sulle spalle un moribondo, rimase contagiato e morì. Era il 1591, aveva solo 23 anni. È sepolto a Roma nella chiesa di Sant’Ignazio di Campo Marzio.

Preghiamo: O Dio, principio e fonte di ogni bene, che in san Luigi Gonzaga hai unito in modo mirabile l’austerità e la purezza, fa’ che per i suoi meriti e le sue preghiere, se non lo abbiamo imitato nell’innocenza, lo seguiamo sulla via della penitenza evangelica. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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