20 Giugno 2018 – Mercoledì, XI del Tempo Ordinario – (2Re 2,1.6-14; Sal 30[31]; Mt 6,1-6.16-18) – I Lettura: “Il rapimento di Elìa chiude il ciclo storico di questo profeta e apre quello di Elisèo. Gli episodi dell’uno e dell’altro sono strettamente collegati, sia per forma che per il contenuto, ma nel caso di Elisèo sono meno omogenei. Il turbine è simbolo della manifestazione di Dio. Gálgala è la cittá a nord di Betel, non quella nelle vicinanze del Giordano” (Bibbia Via Veritá e Vita, nota). Salmo: “La gloria di Dio appare più grande, per causa mia, perché ha mostrato che la sua misericordia è ammirabile, proteggendomi più di quanto non lo sia una città fortificata. La città fortificata, è il Figlio che nasconde i fedeli sotto la sua tenda e li fa sfuggire al tumulto e alla contraddizione delle lingue. Ed è anche la Chiesa: le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa” (Cirillo Alessandrino). Vangelo: Praticare la giustizia significava per i Giudei compiere determinate opere buone attraverso le quali l’uomo si poteva rendere giusto davanti a Dio. Le principali di queste opere erano: l’elemosina, la preghiera e il digiuno. Gesù insegna con quale spirito devono essere vissute queste buone opere: esse necessitano di rettitudine d’intenzione, d’intimità con Dio, evitando l’ostentazione davanti agli uomini e nutrendo sentimenti di piena fiducia e speranza.
Il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».
Riflessione: «… e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». Gesù non offre slogan come fosse un “maestro di vita”, non indica stili comportamentali e non crea tendenze sociali (con altre espressioni contemporanee potremmo oggi dire che il Cristo non è un influencer o un social trendy). Gesù ci offre anzitutto un esempio, se stesso, mostrandoci il modo di pensare e di agire di Dio, incarnando tale logica divina in un quotidiano autenticamente umano nella sua persona: Cristo Gesù, vero Dio e vero uomo. “Con l’esempio (Mt 14,23), come con le istruzioni, Gesù ha insegnato ai suoi discepoli il dovere e la maniera di pregare. La preghiera deve essere umile davanti a Dio (Lc 18,10-14) e davanti agli uomini (Mt 6,5-6; Mc 12,40), fatta con il cuore piuttosto che con le labbra (Mt 6,7), fiduciosa nella bontà del Padre (Mt 6,8; 7,7-11) e insistente fino all’importunità (Lc 11,5-8; 18,1-8). È esaudita se è fatta con fede (Mt 21,22), in nome di Gesù (Mt 18,19-20; Gv 14,13-14; 15,7; 15,16; 16,23-27), e chiede cose buone (Mt 7,11) come lo Spirito santo (Lc 11,13), il perdono (Mc 11,25), il bene dei persecutori (cfr. Mt 5,44; Lc 23,24), soprattutto l’avvento del regno di Dio e la perseveranza al momento della prova escatologica (cfr. Mt 24,20; 26,41; Lc 21,36; 22,31-32): vi è tutta la sostanza della preghiera-modello, insegnata da Gesù (Mt 6,9-15)” (nota a Mt 6,5 nella Bibbia di Gerusalemme). Una riflessione dobbiamo ancora fare per attualizzare la Parola di oggi: la ricompensa, insiste Gesù, ce la darà il Padre dei cieli, che vede nel segreto e sa cosa davvero abbiamo meritato. Questa Parola ci mette in guardia da quella umana ricerca di ricompense. Queste ultime non dobbiamo solo intenderle come ricerca di approvazione esterna, desiderio di ricevere encomi, di acquisire consensi o di convalide sul nostro operato; questa disordinata ricerca di ricompensa spesso si nasconde di falsa spiritualità, per cui andiamo alla ricerca di cosa ci dia maggiori fervori o di quelle situazioni che suscitino il nostri entusiasmi. Magari ci ritroviamo a separarci da una realtà, o perfino a tradire la nostra vocazione, solo perché cerchiamo realizzazioni umane, appagamenti che, allontanandoci da Dio ci illudono di falsa gioia.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: State attenti… – Benedetto XVI (Omelia, 13 Febbraio 2013): Nella pagina del Vangelo di Matteo, che appartiene al cosiddetto Discorso della montagna, Gesù fa riferimento a tre pratiche fondamentali previste dalla Legge mosaica: l’elemosina, la preghiera e il digiuno; sono anche indicazioni tradizionali nel cammino quaresimale per rispondere all’invito di «ritornare a Dio con tutto il cuore». Ma Gesù sottolinea come sia la qualità e la verità del rapporto con Dio ciò che qualifica l’autenticità di ogni gesto religioso. Per questo Egli denuncia l’ipocrisia religiosa, il comportamento che vuole apparire, gli atteggiamenti che cercano l’applauso e l’approvazione. Il vero discepolo non serve se stesso o il “pubblico”, ma il suo Signore, nella semplicità e nella generosità: «E il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,4.6.18). La nostra testimonianza allora sarà sempre più incisiva quanto meno cercheremo la nostra gloria e saremo consapevoli che la ricompensa del giusto è Dio stesso, l’essere uniti a Lui, quaggiù, nel cammino della fede, e, al termine della vita, nella pace e nella luce dell’incon-tro faccia a faccia con Lui per sempre (cfr. 1Cor 13,12).
Quando fai l’elemosina – Benedetto XVI (Messaggio, 9 Marzo 2011): Nel nostro cammino ci troviamo di fronte anche alla tentazione dell’avere, dell’avidità di denaro, che insidia il primato di Dio nella nostra vita. La bramosia del possesso provoca violenza, prevaricazione e morte; per questo la Chiesa, specialmente nel tempo quaresimale, richiama alla pratica dell’elemosina, alla capacità, cioè, di condivisione. L’idolatria dei beni, invece, non solo allontana dall’altro, ma spoglia l’uomo, lo rende infelice, lo inganna, lo illude senza realizzare ciò che promette, perché colloca le cose materiali al posto di Dio, unica fonte della vita. Come comprendere la bontà paterna di Dio se il cuore è pieno di sé e dei propri progetti, con i quali ci si illude di potersi assicurare il futuro? […] La pratica dell’elemosina è un richiamo al primato di Dio e all’attenzione verso l’altro, per riscoprire il nostro Padre buono e ricevere la sua misericordia.
Chiudi la porta – Paolo VI (Udienza Generale, 22 Marzo 1972): Il punto d’incontro naturale con Dio è nel cuore dell’uomo. E così è anche nell’ordine del regno di Dio, annunciato da Cristo. Tutto ciò che l’economia evangelica ci offre d’esteriore è mezzo, è via, è segno, è sacramento per condurci a quella realtà soprannaturale, che si celebra al contatto dello spirito umano con lo Spirito di Dio. Citiamo ad esempio, «Quando tu vuoi pregare (cioè incontrarti con Dio), entra nella tua camera, chiudi la porta, e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti esaudirà» (Mt 6,6). Del resto la nostra religione non è un’adesione alla Parola di Dio? Per questo ci ammonisce S. Paolo: «La parola di Dio abiti in voi abbondantemente» (Col 3,16).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Il digiuno ilare – “Dice il Signore: Non mostratevi tristi… ma lavati la faccia e ungiti la testa (Mt 6,16-17). Disponiamoci come ci è stato insegnato alle feste che si avvicinano: non con il volto arcigno, ma con ilarità, come si addice ai santi. Chi è abbattuto, non viene incoronato; chi piange, non ottiene il trofeo. Non essere triste mentre vieni curato. Sarebbe sciocco non rallegrarsi per la salute della propria anima, ma dolersi per la sottrazione dei cibi, mostrando così di dar più importanza ai piaceri del ventre che alla guarigione dell’anima. La sazietà è un godimento del ventre; il digiuno è un guadagno per l’anima. Rallegrati che il medico ti dà una medicina atta a cancellare il peccato. Come i vermi che germinano nell’intestino dei bimbi si cacciano con medicamenti molto aspri, così il peccato che dimora nel profondo dell’anima viene ucciso dal digiuno – che sia veramente degno di questo nome -, appena sopraggiunge nell’anima” (Basilio il Grande).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: A Dio che vede nel segreto – Monaci Silvestrini (Omelia, 17 Giugno 2006): «Guar-datevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli». Viviamo tempi in cui la spettacolarizzazione in tutte le sue forme spinge tutti a far mostra di sé per cercare il consenso e l’ammirazione degli altri. I nuovi strumenti di comunicazione rendono relativamente facile apparire, farsi vedere, carpire notorietà e plausi. Anche nel nostro vivere quotidiano siamo tentati di vincere le nostre sfide familiari cercando tutti i modi per prevalere e goderci i nostri veri o presunti successi personali. Agire nel segreto, nel nascondimento pensando a dare gloria solo a Dio per attenderci da lui una ricompensa infinitamente superiore ad ogni nostra attesa, è virtù di pochi. Occorre la fede, la retta intenzione, la speranza nei beni futuri per smettere di cercare la fama e la ricompensa degli uomini. È anche vero che noi siamo interiormente così strutturati da non poter far a meno di umane e legittime gratificazioni: essere contenti e soddisfatti di ciò che facciamo ogni giorno, può essere un valido aiuto per perseverare nel bene e seguitare ad amarlo con la migliore intensità. Al contrario le delusioni ci opprimono, le disapprovazioni ci mortificano, l’insuccesso spegne in noi la voglia di proseguire. Dobbiamo però chiederci dove e da chi possiamo e dobbiamo attenderci tutto ciò. Dagli uomini o da Dio? Il plauso degli uomini ci può soddisfare per un istante, la fama ci esalta, ma è fugace, la ricompensa che possiamo trarne è poca cosa. Dio ci premia colmandoci di bene e il suo premio dura per l’eternità.
Santo del giorno: 20 Giugno – San Giovanni (Scalcione) da Matera, Abate: “Nacque nel 1070 a Matera da una famiglia di nobili. Da giovane si trasferì a Taranto dove chiese ospitalità e lavoro ai monaci basiliani dell’Isola di San Pietro. Ispirato da una visione si recò in Calabria e poi in Sicilia continuando a condurre un’esistenza nel segno della penitenza e della rinuncia. Ritornato in Puglia, a Ginosa, si fece conoscere come predicatore nella zona. Imprigionato a causa di false calunnie fu liberato miracolosamente. Allontanatosi dalla terra natia, vi fece ritorno in seguito a una visione. Dopo un incontro e un periodo di permanenza con l’eremita san Guglielmo da Vercelli decise di andare in Palestina. Tuttavia passando per Bari comprese che la sua missione doveva svolgersi in quella città. Dopo un periodo di predicazione si fermò vicino a Pulsano, dove fondò una comunità che in sei mesi vide l’adesione di 50 monaci. La Congregazione monastica fu detta degli «Scalzi». Morì nel monastero di Foggia nel 1139” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo…