giugno, meditazioni

18 Giugno 2018

18 Giugno 2018 – Lunedì, XI del Tempo Ordinario – (1Re 21,1b-16; Sal 5; Mt 5,38-42) – I Lettura: “Acab appare gretto e inconcludente, dominato dalla energica e priva di scrupoli Gezabèle. Nabot possiede una vigna ereditata dai suoi padri e salvaguardata dalla legge della non alienazione del patrimonio. Gezabèle infrange questa situazione e, mediante un uso ipocrita del digiuno e dell’assemblea religiosa, provoca la morte di Nabot” (Nuovo Grande Commentario Biblico). Salmo: “Rendimento di grazie per quella eredità che è della Chiesa e dell’anima. Le primizie del giorno devono essere consacrate a Dio; l’anima non potrebbe farlo se, durante il riposo della notte, non avesse pensato a Dio” (Eusebio). Vangelo: Gesù fa riferimento alla legge del taglione citata in Lv 24,17-20 e Dt 19,21, la quale imponeva un castigo uguale al danno causato. L’intento era di limitare gli eccessi della vendetta. Il perdono era previsto fra il popolo israelita ma Gesù accentuerà con più forza e necessità il comando di perdonare. Ai tempi di Gesù il guardaroba personale era molto essenziale, di conseguenza privarsi della tunica significava avere solo il mantello per coprirsi.

Io vi dico di non opporvi al malvagio – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio” e “dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle».

Riflessione: «Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle». Come spesso facciamo, lasciamoci guidare in questo spazio in cui cerchiamo di riflettere sul come attualizzare e attuare nel quotidiano la Parola proclamata durante la Santa Messa, dal Magistero della Chiesa. Ricordiamoci che quando parliamo di Magistero della Chiesa, ci riferiamo a tutti quei documenti ufficiali che la Chiesa (il Sommo Pontefice, le varie Congregazioni, le assemblee come i Concili o le varie Conferenze Episcopali, ecc…) pubblica a favore dei fedeli e di tutti gli uomini di buona volontà, in materia di fede e di morale. Cristo venendo nel mondo non ha scritto nulla, ma ha affidato il suo insegnamento e l’esempio stesso della sua vita alla Chiesa nella persona degli Apostoli e dei discepoli. Furono questi che, mossi dallo Spirito Santo elaborarono gli scritti ispirati (i testi del Nuovo Testamento: Vangeli, Lettere, ecc…) e tutti gli altri documenti che in forma scritta (Magistero) o orale (Tradizione) hanno permesso di far giungere fino a noi la buona novella di Gesù Cristo. Non abbiamo dunque conferma migliore, per interpretare bene la Scrittura, che la Tradizione e il Magistero, in quanto tutte e tre queste realtà hanno un’unica origine (il messaggio di Cristo, Verbo fatto carne) e un unico canale di trasmissione (la Chiesa, Cattolica, Apostolica e Romana). Così dunque si esprime il Catechismo della Chiesa Cattolica a proposito dell’esortazione di Gesù a non voltare le spalle ai poveri: “Dio benedice coloro che soccorrono i poveri e disapprova coloro che se ne disinteressano… Gesù Cristo riconoscerà i suoi eletti proprio da quanto avranno fatto per i poveri (cfr. Mt 25,31-46) … «L’amore della Chiesa per i poveri appartiene alla sua costante tradizione» (Centesimus Annus 57). Si ispira al Vangelo delle beatitudini, (cfr. Lc 6,20-22) alla povertà di Gesù (cfr. Mt 8,20) e alla sua attenzione per i poveri (cfr. Mc 12,41-44). L’amore per i poveri è anche una delle motivazioni del dovere di lavorare per far parte dei beni «a chi si trova in necessità» (Ef 4,28). Tale amore per i poveri non riguarda soltanto la povertà materiale, ma anche le numerose forme di povertà culturale e religiosa” (nn° 2243-2244).

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Nobiltà e miseria – Giovanni Paolo II (Udienza Generale, 10 Aprile 1996): L’Antico Testamento e la tradizione giudaica sono pieni di riconoscimenti per la nobiltà morale della donna, che si manifesta soprattutto nell’atteggiamento di fiducia verso il Signore, nella preghiera per ottenere il dono della maternità, nella supplica a Dio per la salvezza d’Israele dagli assalti dei suoi nemici. Talora, come nel caso di Giuditta, queste qualità vengono celebrate dall’intera comunità, divenendo oggetto di ammirazione per tutti. Accanto agli esempi luminosi delle eroine bibliche, non mancano le testimonianze negative di alcune donne, quali Dalila, la seduttrice che rovina l’attività profetica di Sansone (Gdc 16,4-21), le donne straniere che, nella vecchiaia di Salomone, allontanano il cuore del re dal Signore e gli fanno venerare altri dei (1Re 11,1-8), Gezabele che stermina “tutti i profeti del Signore” (1Re 18,13) e fa uccidere Nabot per dare la sua vigna ad Acab (1Re 21), la moglie di Giobbe che lo insulta nella sua sfortuna, spingendolo alla ribellione (Gb 2,9). In questi casi, il comportamento della donna ricorda quello di Eva. La prospettiva predominante nella Bibbia rimane però quella ispirata al Protovangelo che vede nella donna l’alleata di Dio.

Ma io vi dico – CCC 2054: Gesù ha ripreso i dieci comandamenti, ma ha manifestato la forza dello Spirito all’opera nella loro lettera. Egli ha predicato la giustizia che supera quella degli scribi e dei farisei come pure quella dei pagani. Ha messo in luce tutte le esigenze dei comandamenti. «Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere […]. Ma io vi dico: chiunque si adira contro il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio» (Mt 5,21-22).

Occhio per occhio… – Paolo VI (Angelus, 1 Gennaio 1971): La pace non è debolezza, non è viltà, non è tolleranza del-l’ingiustizia, né acquiescenza passiva a tante tristi condizioni, in cui ancora oggi il mondo si trova. La pace vuol essere l’affermazione virile e magnanima delle energie dello spirito, vuol essere la vittoria del bene sul male (Rm 12,21), vuol essere il superamento dell’antico sistema della vendetta, il sistema del «dente per dente, occhio per occhio» (Mt 5,38) che perpetua a catena l’odio ed il sangue, piuttosto l’introduzione nei rapporti umani della capacità innovatrice con la generosità del perdono, e del metodo, il solo civile e cristiano, delle soluzioni ragionate e umane nei conflitti altrimenti insanabili e interminabili. Facciamo nostra, anche nella sfera delle relazioni private, la legge austera e soave della pace. Non diciamo invano la grande preghiera del «Padre nostro», nella quale la domanda della misericordia di Dio verso i nostri debiti è condizionata alla nostra larghezza di cuore verso i nostri debitori; e facciamoci promotori di vincoli pacifici fra noi tutti pensando che, come dice il Vangelo, ogni uomo ci è fratello (cfr. Mt 23,8). Di qui nasce la pace; nasce la vera convivenza umana, la civiltà, il Regno di Dio. Anche a voi quindi la consegna della pace, riformatrice del cuore umano e della società civile.

… tu porgigli anche l’altra – CCC 2262: Nel Discorso della montagna il Signore richiama il precetto: «Non uccidere» (Mt 5,21); vi aggiunge la proibizione dell’ira, dell’odio, della vendetta. Ancora di più: Cristo chiede al suo discepolo di porgere l’altra guancia, di amare i propri nemici. Egli stesso non si è difeso e ha ingiunto a Pietro di rimettere la spada nel fodero.

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «Cristo ci proibisce di litigare. Ma chi obbedisce a questo comando? E non è un semplice comando, giungendo al punto di imporci di abbandonare ciò che è lo stesso argomento della lite pur di rinunciare alla lite stessa: “Se qualcuno vorrà citarti in giudizio per toglierti la tunica, lasciagli anche il mantello” [Mt 5,40]. Ma io mi chiedo chi siano coloro che cedano agli avversari che li spogliano, anzi, chi siano coloro che non si oppongano agli avversari che li spogliano? Siamo tanto lontani dal lasciare loro la tunica e il resto, che se appena lo possiamo, cerchiamo noi di togliere la tunica e il mantello all’avversario. E obbediamo con tanta devozione ai comandi del Signore, che non ci basta di non cedere ai nostri avversari neppure il minimo dei nostri indumenti, che anzi, se appena ci è possibile e le cose lo permettono, strappiamo loro tutto!» (Salviano di Marsiglia).

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: La nuova Legge promulgata sul monte non va considerata come una legge assoluta, se così fosse sconvolgerebbe, e in alcuni casi scardinerebbe, qualunque vivere umano o relazioni sociali. Gesù ha voluto tracciare una pista perché il cuore del discepolo si allargasse con magnanimità alla carità, in alcuni casi, anche fino all’eccesso. I precetti contemplati nel Vangelo odierno, sono delle postazioni di osservazione dalle quali il credente scruta ogni situazione, anche la più drammatica, con gli occhi di Dio e la interpreta con misericordia, imitando la misericordia di Dio: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro celeste” (Lc 6,36). Una cabina di regia per leggere fatti, avvenimenti con il cuore in mano, un cuore che si fa carne pietosa rifiutando di aprirsi alla vendetta o dimenticando di chiedere gli interessi o slanciandosi in soccorso caritatevole verso i più bisognosi, i più indigenti. Una scelta di campo che spezza la spirale della violenza, che annichilisce ogni interpretazione farisaica della Legge di Dio, che stempera lo zelo divenuto eccessivo, che soffoca quell’estremismo religioso che ama brandire la spada. San Paolo esprime benissimo tutto ciò: «La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene… Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: Spetta a me fare giustizia, io darò a ciascuno il suo, dice il Signore. Al contrario, se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere: facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sopra il suo capo. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rm 12,9-21). Gesù è il Maestro, ha vissuto tutto questo, sopra tutto nella sua terrificante passione, e allora è chiaro che questo insegnamento lo comprende solo chi si fa inchiodare sulla Croce del Cristo, solo chi resta inchiodato sulla Croce di Cristo può vivere la sua Parola, altrimenti tutto è pura follia.

Santo del giorno: 18 Giugno – San Calogero, Eremita in Sicilia: Le notizie sulla sua vita sono così confuse tanto che si è pensato che potessero riferirsi a più santi con lo stesso nome. Con il nome Calogero che etimologicamente significa “bel vecchio” venivano infatti designate quelle persone che vivevano da eremiti. E Calogero è venerato in Sicilia presso Sciacca, nel monastero di Fregalà presso Messina, e in altre città. L’unica cosa sicura su di lui è l’esistenza in Sicilia di un santo eremita, con poteri taumaturgici. A Fragalà è stata scoperta alla testimonianza più antica legata al suo culto, alcune odi scritte nel IX secolo da un monaco di nome Sergio, da cui risulterebbe che Calogero proveniva da Cartagine e morì nei pressi di Lilibeo. Le lezioni dell’Uffizio, stampate nel 1610, lo dicono invece proveniente da Costantinopoli ed eremita sul monte Gemmariano.

Preghiamo: O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

 

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