13 Giugno 2018 – Mercoledì, X del Tempo Ordinario – Sant’Antonio di Padova (Memoria) – (1Re 18,20-39; Sal 15[16]; Mt 5,17-19) – I Lettura: “Elìa si rivolge al popolo per tre volte, attirandoli gradualmente verso YHWH e allontanandoli da Baal. Tra i discorsi che lui rivolge al popolo sono collocate le scene dell’offerta vana dei profeti di Baal e di quella riuscita di Elìa. Elìa ha sorpassato in astuzia i profeti di Baal, proponendo la contesa in primo luogo al popolo” (Nuo-vo Grande Commentario Biblico). Salmo: “Qualunque cosa noi offriamo a Dio, egli l’accetta, non perché ne abbia bisogno, ma per darci i beni celesti” (Origene). Vangelo: Gesù non è venuto ad abolire la Legge ma a darle compimento, con il Suo comportamento a darle forma nuova e definitiva. “Gesù puntualizza il rapporto con l’AT: c’è unità profonda tra i due Testamenti, al punto tale che Cristo esalta il valore di ogni componente, anche minima delle Scritture ebraiche” (Bibbia Via, Verità e Vita, nota).
Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento – Dal Vangelo secondo Matteo: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».
Riflessione: «Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli». Nei Vangeli si legge che tra i discorsi che spesso occupavano le camminate degli Apostoli, seguendo Gesù lungo i villaggi della Galilea e della Giudea, un tema dominante era: chi fosse il più grande (cfr. Mc 9,33-34). Certo, i discepoli intendevano tale grandezza come esercizio di potere, come comando, una grandezza tutta umana. Gesù ribalta tale concetto, lo rivoluziona completamente, al punto da affermare: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» (Mc 9,35). Ed ecco che chi ha vissuto ai margini della società o nel deserto, come san Giovanni Battista, diventa il più grande tra i nati di donna (cfr. Mt 11,11); chi ha dato quantitativamente meno di tutti è la più generosa, nella misura in cui ha dato tutto (cfr. Lc 21,2-4). In quest’ottica, è più grande un pubblicano che pentito si batte il petto con umiltà piuttosto che un pio osservante che decanta le sue spirituali virtù (cfr. Lc 18,9-14). È la logica del granello di senape: il più piccolo tra tutti i semi, ma destinato a divenire il più grande tra gli arbusti del giardino (cfr. Mt 13,31-32). Il Vangelo, oggi, ci suggerisce un metro di grandezza, il metro con cui Dio ci misura: l’obbedienza alla sua Parola, il compimento della sua volontà, ma anche l’insegnare le vie di Dio al prossimo, testimoniando al mondo le sue grandi opere. “Davanti a Dio, insomma, la grandezza dell’uomo si misura attraverso l’ubbidienza alla Parola. Non sono i risultati positivi delle opere buone, o le iniziative altisonanti, le cose che ci fanno grandi agli occhi di Dio. Possiamo dire, piuttosto, che chi osserva la Parola, è custodito dalla Parola, e chi ubbidisce alla Parola, è grande agli occhi della corte celeste, anche se la sua vita terrena, esteriormente, potrebbe somigliare a quella del mendicante Lazzaro (cfr. Lc 16,20). Dinanzi a noi Dio ha tracciato una via sicura, dove non si inciampa: l’ubbidienza alla Parola. Diversamente, la pecora che si allontana dalla via sicura tracciata dal pastore, non potrà cercare sicurezze altrove, e neppure ne potrà trovare, se non nelle molteplici forme dell’inganno” (don E. Cuffaro). Se vogliamo essere grandi nel Regno del cielo, iniziamo a farci servi della sua Parola!
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Il Signore è uno solo – Benedetto XVI (Udienza Generale, 15 Giugno 2011): Il popolo per cui Elia prega è rimesso davanti alla propria verità, e il profeta chiede che anche la verità del Signore si manifesti e che Egli intervenga per convertire Israele, distogliendolo dall’inganno dell’idolatria e portandolo così alla salvezza. La sua richiesta è che il popolo finalmente sappia, conosca in pienezza chi davvero è il suo Dio, e faccia la scelta decisiva di seguire Lui solo, il vero Dio. Perché solo così Dio è riconosciuto per ciò che è, Assoluto e Trascendente, senza la possibilità di mettergli accanto altri dèi, che Lo negherebbero come assoluto, relativizzandoLo. È questa la fede che fa di Israele il popolo di Dio; è la fede proclamata nel ben noto testo dello Shemà Israel: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze» (Dt 6,4-5). All’assoluto di Dio, il credente deve rispondere con un amore assoluto, totale, che impegni tutta la sua vita, le sue forze, il suo cuore. Ed è proprio per il cuore del suo popolo che il profeta con la sua preghiera sta implorando conversione: «questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!» (1Re 18,37). Elia, con la sua intercessione, chiede a Dio ciò che Dio stesso desidera fare, manifestarsi in tutta la sua misericordia, fedele alla propria realtà di Signore della vita che perdona, converte, trasforma.
Discorso della Montagna – Veritatis Splendor 15: Nel “Discorso della Montagna”, che costituisce la magna charta della morale evangelica, Gesù dice: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento” (Mt 5,17). Cristo è la chiave delle Scritture: “Voi scrutate le Scritture: esse parlano di me” (cfr. Gv 5,39); è il centro dell’economia della salvezza, la ricapitolazione dell’Antico e del Nuovo Testamento, delle promesse della Legge e del loro compimento nel Vangelo; è il legame vivente ed eterno tra l’Antica e la Nuova Alleanza […]. Gesù porta a compimento i comandamenti di Dio, in particolare il comandamento dell’amore del prossimo, interiorizzando e radicalizzando le sue esigenze: l’amore del prossimo scaturisce da un cuore che ama, e che, proprio perché ama, è disposto a vivere le esigenze più alte. Gesù mostra che i comandamenti non devono essere intesi come un limite minimo da non oltrepassare, ma piuttosto come una strada aperta per un cammino morale e spirituale di perfezione, la cui anima è l’amore (cfr. Col 3,14). Così il comandamento “Non uccidere” diventa l’appello ad un amore sollecito che tutela e promuove la vita del prossimo; il precetto che vieta l’adulterio diventa l’invito ad uno sguardo puro, capace di rispettare il significato sponsale del corpo: “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio… Avete inteso che fu detto: Non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda ad una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5,21-22 Mt 5,27-28). È Gesù stesso il “compimento” vivo della Legge in quanto egli ne realizza il significato autentico con il dono totale di sé: diventa Lui stesso Legge vivente e personale, che invita alla sua sequela, dà mediante lo Spirito la grazia di condividere la sua stessa vita e il suo stesso amore e offre l’energia per testimoniarlo nelle scelte e nelle opere (cfr. Gv 13,34-35).
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Amore per la Legge di Dio – «Chi ama la legge di Dio, onora anche ciò che in essa non comprende. Ciò che gli pare poco logico, giudica piuttosto di non averlo compreso e pensa che vi si trovi celato qualcosa di grande. Non gli è dunque di scandalo la legge del Signore; e per non soffrire scan-dalo, soprattutto egli non bada agli uomini – per quanto sia santa la loro vocazione -, tanto da far dipendere la loro fede dai loro costumi. Perciò, se alcuni di loro cadono, egli non se ne scandalizza e non rovina così se stesso. Al contrario, egli ama la legge del Signore per se stessa, e in lui vi è sempre grande pace e mai scandalo. L’ama senza preoccupazioni, perché sa che anche se molti peccano contro la legge, essi non peccano certo a causa della legge» (Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: La spiritualità di Sant’Antonio di Padova – Benedetto XVI (Udienza Generale, 10 Febbraio 2010): Antonio, alla scuola di Francesco, mette sempre Cristo al centro della vita e del pensiero, dell’azione e della predicazione. È questo un altro tratto tipico della teologia francescana: il cristocentrismo. Volentieri essa contempla, e invita a contemplare, i misteri dell’umanità del Signore, l’uomo Gesù, in modo particolare, il mistero della Natività, Dio che si è fatto Bambino, si è dato nelle nostre mani: un mistero che suscita sentimenti di amore e di gratitudine verso la bontà divina. Da una parte la Natività, un punto centrale dell’amore di Cristo per l’umanità, ma anche la visione del Crocifisso ispira ad Antonio pensieri di riconoscenza verso Dio e di stima per la dignità della persona umana, così che tutti, credenti e non credenti, possano trovare nel Crocifisso e nella sua immagine un significato che arricchisce la vita. Scrive sant’Antonio: “Cristo, che è la tua vita, sta appeso davanti a te, perché tu guardi nella croce come in uno specchio. Lì potrai conoscere quanto mortali furono le tue ferite, che nessuna medicina avrebbe potuto sanare, se non quella del sangue del Figlio di Dio. Se guarderai bene, potrai renderti conto di quanto grandi siano la tua dignità umana e il tuo valore… In nessun altro luogo l’uomo può meglio rendersi conto di quanto egli valga, che guardandosi nello specchio della croce” (Sermones Dominicales et Festivi III, pp. 213-214). Meditando queste parole possiamo capire meglio l’importanza dell’immagine del Crocifisso per la nostra cultura, per il nostro umanesimo nato dalla fede cristiana. Proprio guardando il Crocifisso vediamo, come dice sant’Antonio, quanto grande è la dignità umana e il valore dell’uomo. In nessun altro punto si può capire quanto valga l’uomo, proprio perché Dio ci rende così importanti, ci vede così importanti, da essere, per Lui, degni della sua sofferenza; così tutta la dignità umana appare nello specchio del Crocifisso e lo sguardo verso di Lui è sempre fonte del riconoscimento della dignità umana.
Santo del giorno: 13 Giugno – Sant’Antonio di Padova, Sacerdote e dottore della Chiesa: “Fernando di Buglione nasce a Lisbona. A 15 anni è novizio nel monastero di San Vincenzo, tra i Canonici Regolari di Sant’Agostino. Nel 1219, a 24 anni, viene ordinato prete. Nel 1220 giungono a Coimbra i corpi di cinque frati francescani decapitati in Marocco, dove si erano recati a predicare per ordine di Francesco d’Assisi. Ottenuto il permesso dal provinciale francescano di Spagna e dal priore agostiniano, Fernando entra nel romitorio dei Minori mutando il nome in Antonio. Invitato al Capitolo generale di Assisi, arriva con altri francescani a Santa Maria degli Angeli dove ha modo di ascoltare Francesco, ma non di conoscerlo personalmente. Per circa un anno e mezzo vive nell’eremo di Montepaolo. Su mandato dello stesso Francesco, inizierà poi a predicare in Romagna e poi nell’Italia settentrionale e in Francia. Nel 1227 diventa provinciale dell’Italia settentrionale proseguendo nell’opera di predicazione. Il 13 giugno 1231 si trova a Camposampiero e, sentondosi male, chiede di rientrare a Padova, dove vuole morire: spirerà nel convento dell’Arcel-la” (Avvenire).
Preghiamo: Dio onnipotente ed eterno, che in sant’Antonio di Padova, hai dato al tuo popolo un insigne predicatore e un patrono dei poveri e dei sofferenti, fa’ che per sua intercessione seguiamo gli insegnamenti del Vangelo e sperimentiamo nella prova il soccorso della tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…