8 Giugno 2018 – Venerdì – Sacratissimo Cuore di Gesù (Solennità) – (I Lettura: Os 11,1.3-4.8c-9; Salmo Responsoriale: Is 12,2-6; II Lettura: Ef 3,8-12.14-19; Vangelo: Gv 19,31-37) – I Lettura: Il capitolo 11 del profeta Osèa costituisce la sezione centrale di tutto il libro e riassume praticamente il dramma d’Israele. Inizia con la narrazione dell’esperienza passata, descrive la condizione e la situazione presente del popolo e annuncia l’intervento di Dio, che pone un culmine, un traguardo di salvezza alla condizione del popolo. II Lettura: Il brano di seguito è la conclusione del discorso sul ministero apostolico di Paolo, un ministero che fa parte del disegno salvifico di Dio secondo il quale tutte le genti sono state chiamati a formare insieme un solo corpo e a partecipare alla medesima eredità. La preghiera di Paolo al Padre diventa preghiera di intercessione perché Cristo abiti, per mezzo della fede, nel cuore di ciascuno. Vangelo: La contemplazione della rivelazione suprema dell’amore di Gesù sulla croce, con il costato trafitto, immolato come l’a-gnello pasquale, deve suscitare nel cuore dei credenti una profonda fede in Lui. Se i segni operati da Gesù favoriscono la fede in lui, come Messia e Figlio di Dio, a maggior ragione il segno supremo della sua carità, con il petto squarciato, deve invitare a credere esistenzialmente nella sua persona divina, perché gli eventi descritti in questa scena adempiono la Scrittura tramandata.
Uno dei soldati gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua – Dal Vangelo secondo Giovanni: Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato -, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».
Riflessione: «… uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua». Ecco il Cuore che ha tanto amato il mondo! È lì, aperto, perché ciascuno possa contemplarlo. Seppur trafitto dai nostri peccati, dalla nostra indifferenza al suo amore, dalla nostra vita superficiale, questo Cuore continua a donare tutto, fino all’ultima goccia di sangue, fino al fondo del siero. Abbiamo riflettuto in questi giorni, soffermandoci sulla Parola di Dio proclamata nella Liturgia Eucaristica quotidiana, di come Gesù risponde con l’amore a chi lo istiga per metterlo alla prova; risponde con la misericordia a chi vuole coglierlo in fallo; e anche oggi lo vediamo, seppur morto su una Croce, che è pronto a donare tutto a chi tutto gli vuole sottrarre, pronto a riversare, a ricoprire di misericordia chi vorrebbe velocemente seppellirlo, dimenticarlo, come se mai fosse venuto, mai avesse sofferto, mai fosse morto per noi! Ecco il Cuore che ha tanto amato e continua ad amare il mondo: continua ad amare ogni uomo, anche colui che lo rinnega, che lo bestemmia, che lo profana. Come il padre del figliol prodigo non si stancava di starsene al terrazzo in attesa del ritorno del figlio, così il Cristo non scende dalla Croce e da quel trono di dolore attende la nostra conversione, il nostro ritorno a lui. Per i nostri peccati saremmo meritevoli dell’ira divina, come abbiamo ascoltato dal profeta Osèa: «Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, perché sono Dio e non uomo». Nel Cuore del Cristo vi è un amore «che supera ogni conoscenza» (II Lettura). Celebrare, oggi, la solennità del Sacro Cuore di Gesù significa per noi accogliere l’invito di san Paolo ad entrare dentro questo insondabile mistero di amore; significa metterci alla scuola del divino Maestro perché ci insegni ad amare come lui: “rendi il nostro cuore simile al tuo!”. E se questo Cuore è squarciato, il nostro non può rimanere chiuso. Se questo Cuore ha donato tutto ciò che conteneva, il nostro non può rimanere egoisticamente pieno di sé. Contemplare il Cuore di Cristo significa, dunque, sentire il desiderio, anzi la necessità di vivere un amore aperto, donato, svuotato per la salvezza di ogni fratello.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Sacro Cuore di Gesù – Benedetto XVI (Omelia, 19 Giugno 2009): Nell’odierna solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, la Chiesa offre alla nostra contemplazione questo mistero, il mistero del cuore di un Dio che si commuove e riversa tutto il suo amore sull’umanità. Un amore misterioso, che nei testi del Nuovo Testamento ci viene rivelato come incommensurabile passione di Dio per l’uomo. Egli non si arrende dinanzi all’ingratitudine e nemmeno davanti al rifiuto del popolo che si è scelto; anzi, con infinita misericordia, invia nel mondo l’Unigenito suo Figlio perché prenda su di sé il destino dell’amore distrutto; perché, sconfiggendo il potere del male e della morte, possa restituire dignità di figli agli esseri umani resi schiavi dal peccato.
Il sacrificio cruento della Croce – Pio XII (Lettera Enciclia Haurietis Aquas III): Non contento del dono incruento di sé, sotto le specie del pane e del vino, il Salvatore nostro Gesù Cristo vi volle aggiungere, come suprema testimonianza della sua profonda, infinita dilezione, il Sacrificio cruento della Croce. Così facendo, Egli dava l’esempio di quella sublime carità, che aveva indicato ai suoi discepoli come meta finale dell’amore con queste parole: «Nessuno ha un amore più grande di questo, di uno che dia la vita per i suoi amici». Pertanto, l’amore di Gesù Cristo Figlio di Dio svela nel Sacrificio del Golgota, e nel modo più eloquente, l’amore stesso di Dio: «Da questo abbiamo conosciuto la carità di Dio, perché Egli ha dato la sua vita per noi, e così noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli». E in realtà, il nostro divin Redentore è stato confitto al legno della Croce più dalla veemenza interiore del suo amore che dalla brutale violenza esterna dei suoi carnefici; e il suo volontario olocausto è il dono supremo che il suo Cuore ha fatto ad ogni singolo uomo, secondo la incisiva sentenza dell’Apostolo: «(Il) Figlio di Dio… mi ha amato e ha dato se stesso per me».
… ne uscì sangue e acqua – Benedetto XVI (Angelus, 5 Giugno 2005): Nel linguaggio biblico il “cuore” indica il centro della persona, la sede dei suoi sentimenti e delle sue intenzioni. Nel cuore del Redentore noi adoriamo l’amore di Dio per l’umanità, la sua volontà di salvezza universale, la sua infinita misericordia. Rendere culto al Sacro Cuore di Cristo significa pertanto adorare quel Cuore che, dopo averci amato sino alla fine, fu trafitto da una lancia e dall’alto della croce effuse sangue e acqua, sorgente inesauribile di vita nuova.
Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto – Giovanni Paolo II (Messaggio, 11 Giugno 1999): Nel culto al Cuore di Gesù ha preso forma la parola profetica richiamata da san Giovanni: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Gv 19,37; Zc 12,10). È uno sguardo contemplativo, che si sforza di penetrare nell’intimo dei sentimenti di Cristo, vero Dio e vero uomo. In questo culto il credente conferma ed approfondisce l’accoglienza del mistero dell’In-carnazione, che ha reso il Verbo solidale con gli uomini, testimone della ricerca nei loro confronti da parte del Padre. Questa ricerca nasce nell’intimo di Dio, il quale «ama» l’uomo «eternamente nel Verbo e in Cristo lo vuole elevare alla dignità di figlio adottivo» (Tertio Millennio Adveniente, 7). Contemporaneamente la devozione al Cuore di Gesù scruta il mistero della Redenzione, per scoprirvi la dimensione di amore che ha animato il suo sacrificio di salvezza.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Vennero, dunque, i soldati e spezzarono le gambe al primo, poi all’altro che era crocifisso insieme con lui. Giunti a Gesù, vedendolo già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli aprì il costato con la lancia, e subito ne uscì sangue ed acqua (Gv 19,32-34). L’evangelista ha usato un verbo significativo. Non ha detto: colpì, ferì il suo costato, o qualcosa di simile. Ha detto: aprì, per indicare che nel costato di Cristo fu come aperta la porta della vita, donde fluirono i sacramenti della Chiesa, senza dei quali non si entra a quella vita che è la vera vita. Quel sangue è stato versato per la remissione dei peccati; quell’acqua tempera il calice della salvezza, ed è insieme bevanda e lavacro. Questo mistero era stato preannunciato da quella porta che Noè ebbe ordine di aprire nel fianco dell’arca (Gen 6,16), perché entrassero gli esseri viventi che dovevano scampare al diluvio, con che era prefigurata la Chiesa. Sempre per preannunciare questo mistero, la prima donna fu formata dal fianco dell’uomo che dormiva (Gen 2,22), e fu chiamata vita e madre dei viventi (Gen 3,20). Indubbiamente era l’annun-cio di un grande bene, prima del grande male della prevaricazione. Qui il secondo Adamo, chinato il capo, si addormentò sulla croce, perché così, con il sangue e l’acqua che sgorgarono dal suo fianco, fosse formata la sua sposa. O morte, per cui i morti riprendono vita! … Che cosa c’è di più salutare di questa ferita?” (Sant’Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Mistero stupendo – Santo Marcianò, Vescovo (Omelia, 19 Giugno 2009): Oggi la Chiesa celebra la Solennità del S. Cuore di Gesù: un Mistero stupendo che, straordinariamente, collega la più alta teologia alla più diffusa pietà popolare, la più ampia grandezza all’intimità più personale. Ciascuno di noi trova in quel Cuore la sintesi, la personificazione, la sorgente della propria vita; trova il rifugio nell’incomprensione, la saldezza nella prova. Ciascuno trova la misura dell’amore: l’Amore con il quale quel Cuore – secondo l’espressione con cui Egli stesso si rivela a santa Margherita Maria Alacoque – «ha tanto amato il mondo»! È il Mistero del Cuore di Cristo, trafitto perché amante: che si offre, che esce fuori di Sé, che si supera; che va oltre ogni offesa, ma anche oltre ogni tornaconto personale. Che va oltre ogni sentimento: e quanto è importate capire questo; è importante per i giovani, per gli sposi, per i consacrati, per i presbiteri, sì, amare è più che sentire. Senza il Mistero del Cuore di Gesù, il nostro Dio non sarebbe comprensibile. Anzi, senza il Mistero del Cuore, noi non potremmo, nel senso più pregnante del termine, «conoscere» Dio. È il Suo Cuore che parla al nostro cuore.
Santo del giorno: 8 Giugno – Beata Maria del Divin Cuore di Gesù (Maria Droste Zu Vischering), Vergine: Maria Droste Zu Vischering, figlia di due nobili tedeschi, si sentì attratta dalla prima giovinezza verso il servizio alle ragazze abbandonate: entrò quindi nella Congregazione di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore col nome di suor Maria del Divin Cuore di Gesù. Inviata a Lisbona prima e a Oporto poi, si distinse per la carità con cui accudiva i bambini orfani e con cui provvedeva alle svariate miserie del popolo. Seguendo un impulso interiore, scrisse a papa Leone XIII per suggerirgli la consacrazione del genere umano al Sacro Cuore di Gesù. Quell’atto avvenne l’11 giugno 1899, ma suor Maria, affetta da tempo dal morbo di Pott, era morta tre giorni prima, a 35 anni. È stata beatificata a Roma dal Beato Paolo VI il 1° novembre 1975, entrando a buon diritto tra quelle figure di mistiche particolarmente attente al mistero dell’umanità e divinità del Signore, simboleggiato dal suo Cuore.
Preghiamo: O Padre, che nel Cuore del tuo dilettissimo Figlio ci dai la gioia di celebrare le grandi opere del tuo amo