7 Giugno 2018 – Giovedì, IX del Tempo Ordinario – (2Tm 2,8-15; Sal 24[25]; Mc 12,28b-34) – I Lettura: Il tema di questo brano è quello dell’annunzio del Vangelo, che diventa lo scopo di tutta la vita di Paolo. Questo annunzio ha come oggetto la persona di Cristo, nella sua duplice prerogativa di discendente di Davide e di Figlio di Dio. Salmo: Insegnami i tuoi sentieri… “Cacciato dal paradiso e pellegrino in terra straniera non posso ritornare da solo perché sbaglio strada. Per tutto il tempo di questa vita mortale, conto sulla tua misericordia, per il mio ritorno” (Agostino). Vangelo: Gesù sintetizza qui tutta la Legge e i Profeti e individua con chiarezza quella che è sostanzialmente la volontà di Dio per l’uomo di tutti i tempi: amare Dio e il prossimo. Nella misura in cui il popolo di Dio, lungo i secoli, ha approfondito il significato e la portata dell’amore di Dio, si è reso conto che tale amore è vero e reale solo nella misura in cui si concretizza nell’amore al prossimo.
Non c’è altro comandamento più grande di questi – Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Riflessione: La risposta che Gesù offre allo scriba non è né originale né rivoluzionaria: l’amore per Dio sopra ogni cosa, come anche l’amore per il prossimo, sono due comandamenti presenti nella Scrittura dell’Antico Testamento, due comandamenti predicati e vissuti dal popolo ebraico da secoli. Quale dunque la novità del comandamento dell’a-more? Perché diciamo che la venuta di Cristo ci indica un comandamento nuovo? Rivolgendosi alla Chiesa, san Giovanni così scrive nella seconda lettera: «Mi sono molto rallegrato di aver trovato alcuni tuoi figli che camminano nella verità, secondo il comandamento che abbiamo ricevuto dal Padre. E ora prego te, o Signora, non per darti un comandamento nuovo, ma quello che abbiamo avuto da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Questo è l’amore: camminare secondo i suoi comandamenti» (2Gv 1,4-6). La novità sta nell’esempio di Cristo, nella sua Parola, nei suoi gesti, nei suoi sentimenti! Prima di Gesù, il comandamento dell’amore si fondava su un reciproco rispetto, su una parola senza testimoni se non testimonianze umane (i patriarchi, i giudici, i profeti, gli uomini santi suscitati da Dio per la conversione e la guida di Israele…); ora invece il comandamento si fonda su una persona, Gesù Cristo: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). Ma prima di pensare a come debbo e posso amare il mio prossimo, andiamo per ordine: anzitutto chiediamoci come io sto amando Dio. Cosa significa per il mio quotidiano amarlo con tutte le forze? Quali sforzi quotidianamente sto facendo per poterlo amare con tutto il cuore? La mia mente, i miei pensieri, i miei sentimenti, le mie scelte, sono tutte per Dio? Solo amando Dio totalmente posso realizzare totalmente me stesso come persona, come progetto eterno di amore. Se non amo me stesso, se non capisco quale grande dignità ho, gratuitamente donata dalla misericordia di Dio, non potrò nemmeno illudermi e pensare di amare il prossimo.
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Qual è il primo di tutti i comandamenti? – Benedetto XVI (Omelia, 23 Ottobre 2011): Alla domanda, volutamente insidiosa, Gesù risponde con assoluta semplicità: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il grande e primo comandamento» (vv. 37-38). In effetti, l’esigenza principale per ognuno di noi è che Dio sia presente nella nostra vita. Egli deve, come dice la Scrittura, penetrare tutti gli strati del nostro essere e riempirli completamente: il cuore deve sapere di Lui e lasciarsi toccare da Lui; e così anche l’anima, le energie del nostro volere e decidere, come pure l’intelligenza e il pensiero. È un poter dire come san Paolo: “non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Subito dopo, Gesù aggiunge qualcosa che, in verità, non era stato richiesto dal dottore della legge: «Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso» (v. 39). Dichiarando che il secondo comandamento è simile al primo, Gesù lascia intendere che la carità verso il prossimo è importante quanto l’amore a Dio. Infatti, il segno visibile che il cristiano può mostrare per testimoniare al mondo l’amore di Dio è l’amore dei fratelli.
… si avvicinò a Gesù uno degli scribi… – Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo (Omelia, 7 Giugno 2007): Uno scriba si avvicina a Gesù e gli chiede qual è il primo dei comandamenti. In genere lo scriba è un buon conoscitore della Legge; questi tuttavia si avvicina al Maestro non per metterlo alla prova, bensì per apprendere da lui questo importante insegnamento. Aveva ragione: nessuno può essere maestro a se stesso. Tutti abbiamo bisogno di continuare a chiedere al Signore il senso profondo delle Scritture per la nostra vita. E Gesù risponde che il “primo comandamento” è duplice: amare Dio e amare il prossimo. Sono due amori inscindibili; anzi, formano un solo amore, una cosa sola. Scrive l’apostolo Giovanni: “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1Gv 4,20). Gesù che ha amato Dio sopra ogni cosa, più della sua stessa vita, e che ugualmente ha amato gli uomini sopra ogni cosa, più della sua stessa vita, ci offre l’esempio più alto del “primo” comandamento. Quello scriba, soddisfatto della risposta di Gesù, si sentì dire che non era lontano dal regno di Dio. Molto di più che a quello scriba è stato dato a noi. Apprendiamo da lui almeno la sua disponibilità a chiedere e la sua prontezza a ricevere.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: «L’amore fa abitare Dio in noi. “Nessuno vide Dio”. Ecco, dilettissimi: “Se ci amiamo vicendevolmente, Dio resterà in noi, e il suo amore in noi sarà perfetto”. Incomincia ad amare e giungerai alla perfezione. Hai cominciato ad amare? Dio ha iniziato ad abitare in te, ama colui che iniziò ad abitare in te affinché, abitando in te sempre più perfettamente, ti renda perfetto. “In questo conosciamo che rimaniamo in lui e lui in noi: egli ci ha dato il suo Spirito” [1Gv 4,12-13]. Bene, sia ringraziato il Signore. Ora sappiamo che egli abita in noi. E questo fatto, cioè che egli abita in noi, da dove lo conosciamo? Da ciò che Giovanni afferma, cioè che egli “ci ha dato il suo Spirito”. Ed ancora, da dove conosciamo che “egli ci ha dato il suo Spirito?” Sì, che egli ci ha dato il suo Spirito, come lo sappiamo? Interroga il tuo cuore: se esso è pieno di carità, hai lo Spirito di Dio. Da dove sappiamo che proprio a questo segno noi conosciamo che abita in noi lo Spirito di Dio? Interroga Paolo apostolo: “La carità di Dio è diffusa nei nostri cuori, per mezzo dello Spirito Santo che è dato a noi”» (Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Ascolta, o Israele – Questa espressione diventerà l’inizio della preghiera detta Shema, la più cara al cuore degli Ebrei. Preghiera e amore, culto e carità, unità che Gesù non ha scisso. La carità senza preghiera diventa narcisismo, l’amore senza culto diventa filantropia. Oggi nel mondo cristiano la preghiera sembra essere un po’ negletta. È più facile per molti correre sulle ali del servizio sociale in quanto gratifica, perché mette l’operatore al centro dell’attenzione pubblica accendendo abbacinanti riflettori, perché apparecchia elettrizzanti talk show… la preghiera invece si fa compagna del nascondimento, tiene lontano dalle piazze (Mt 6,4-5) e a molti non piace. Per il Catechismo della Chiesa Cattolica (2697), la preghiera è «la vita del cuore nuovo. Deve animarci in ogni momento. Noi, invece, dimentichiamo colui che è la nostra Vita e il nostro Tutto. Per questo i Padri della vita spirituale, nella tradizione del Deuteronomio e dei profeti, insistono sulla preghiera come “ricordo di Dio”, risveglio frequente della “memoria del cuore”: “È necessario ricordarsi di Dio più spesso di quanto si respiri”». Se nell’inconscio «di molti cristiani, pregare è un’occupazione incompatibile con tutto ciò che hanno da fare» (ibidem 2726), pochissimi sanno che quando i casi si aggrovigliano, quando tutto sembra svanire, quando i problemi si assommano o diventano disperati allora è il caso di piegare le ginocchia: «Intercedere, chiedere in favore di un altro, dopo Abramo, è la prerogativa di un cuore in sintonia con la misericordia di Dio. Nel tempo della Chiesa, l’intercessione cristiana partecipa a quella di Cristo: è espressione della comunione dei santi. Nell’intercessione, colui che prega non cerca solo “il proprio interesse, ma anche quello degli altri” [Fil 2,4], fino a pregare per coloro che gli fanno del male [cfr. Stefano che prega per i suoi uccisori, come Gesù: At 7,60; Lc 23,28; Lc 23,34]. Le prime comunità cristiane hanno intensamente vissuto questa forma di condivisione [cfr. At 12,5]. L’Apostolo Paolo le rende così partecipi del suo ministero del Vangelo [cfr. Ef 6,18-20; Col 4,3-4; 1Ts 5,25], ma intercede anche per esse [cfr. Fil 1,3-4; Col 1,3; 2Ts 1,11]. L’interces-sione dei cristiani non conosce frontiere: “per tutti gli uomini […] per tutti quelli che stanno al potere” [1Tm 2,1], per coloro che perseguitano [cfr. Rm 12,14], per la salvezza di coloro che rifiutano il Vangelo [cfr. Rm 10,1]» (ibidem 2635-2636). Prima di lanciarsi in molteplici attività caritative, il credente dovrebbe imparare a farle precedere, accompagnare, seguire dalla preghiera. L’esempio l’ha dato Gesù. Egli prega prima di iniziare la vita pubblica, prima di scegliere i suoi compagni, prega prima di trasfigurarsi sul monte, prega nell’Orto degli ulivi prima di consegnarsi nelle mani degli aguzzini, quando è issato sulla Croce prega per i suoi crocifissori, per il mondo intero. Ivan Turgenev, scrittore russo del XIX secolo, ebbe a dire: «Per qualunque cosa un uomo preghi, egli prega per un miracolo. Ogni preghiera si riduce a questo: “Dio onnipotente, fai che due per due non faccia quattro”». Per il credente questa preghiera è vera, perché il buon Dio, nell’operare nella storia dell’uomo, spesso ignora la tavola pitagorica.
Santo del giorno: 7 Giugno – San Roberto di Newminster, Abate cistercense: “Nacque a Gargrave nella contea di York verso la fine dell’XI secolo. Rientrato in Inghilterra da Parigi dove aveva frequentato l’Università venne ordinato sacerdote e inviato come parroco nella natìa Gargrave. Attratto dalla vita contemplativa entrò nell’abbazia benedettina di Whitby per poi unirsi a un gruppo di monaci guidati dal priore Riccardo che avevano fondato una comunità a Fountains nel nord della diocesi di York. Quattro anni dopo venne fondata una nuova abbazia a Newminster in Northumbria la cui guida fu affidata a Roberto. In breve la comunità si allargò dando vita ad altri tre monasteri: a Pipewell, Roche e Sawley. Insieme all’austerità e alla mortificazione, Roberto si distinse per il dono della profezia. Una volta durante la Messa avvertì che una nave era naufragata poco lontano e inviò i suoi monaci a prestare soccorso e seppellire i morti. Ammalatisi, morì nel 1159, circondato dai confratelli e dopo aver ricevuto i Sacramenti” (Avvenire).
Preghiamo: O Dio, che nella tua provvidenza tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza, allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene. Per il nostro Signore Gesù Cristo…