5 Giugno 2018 – Martedì, IX del Tempo Ordinario – San Bonifacio (Memoria) – (2Pt 3,11b-15a.17-18; Sal 89[90]; Mc 12,13-17) – I Lettura: La seconda lettera che porta il nome dell’apostolo Pietro è un’omelia a carattere prevalentemente morale che, sotto forma di testamento, ha lo scopo di esortare i credenti ad essere costanti nella pratica degli impegni religiosi, e così accedere al regno eterno. Salmo: “Non rimandare completamente l’uomo alla miseria del suo destino. Tu hai condannato Adamo a ritornare alla terra ma hai detto: Ritornate, figli degli uomini. Noi dunque non preghiamo invano, sappiamo che esaudirai le nostre preghiere e muterai i mali in bene” (Teodoreto). Vangelo: La domanda posta a Gesù ci permette una riflessione. Ogni cristiano ha il dovere di osservare le leggi umane imposte dai governanti per non vivere in maniera disincarnata, ma rispettando la volontà divina nel contesto sociale e politico del suo tempo.
Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio – Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E rimasero ammirati di lui.
Riflessione: «Perché volete mettermi alla prova?». Ancora una volta interrogano Gesù per metterlo in difficoltà, e ancora una volta Gesù non si sottrae al tentativo degli avversari di coglierlo in fallo, anzi affronta gli argomenti proposti facendoli diventare un’occasione di catechesi e di riflessione per tutti. Anche così si manifesta la pazienza e la misericordia di Dio: al male che gli mettiamo dinanzi, egli risponde dandoci da quel male un’occasione per trarne spunti di conversione, di riparazione, di accrescimento spirituale. Gesù non teme di essere messo alla prova, ma si addolora nel constatare che in noi spesso non c’è vera ricerca della verità. Chiediamo, ma per avere l’alibi di continuare a fare la nostra vita; lo interroghiamo, ma per rimanere con le nostre idee, magari sperando che le sue coincidano o, meglio, si convertano alle nostre. I Giudei interrogano Gesù circa il tributo da pagare a Cesare: è giusto? ha senso? è necessario? possiamo farne a meno? Oggi molti interrogano Dio, e forse anche noi lo facciamo più di quanto si possa pensare, non per amore della verità, non per la ricerca di una via da percorrere, ma semplicemente per avere ragione dei nostri comportamenti e delle nostre scelte! E come loro anche noi interroghiamo Dio per metterlo alla prova: ha senso andare in chiesa, pregare, confessarsi, fare la Comunione? Forse non basta fare del bene, non essere litigato? E così arriviamo a giustificarci, sperando che Dio ci dona ragione: meglio io che non vado in chiesa e non chi va e poi pecca! O ancora, ad esempio, dinanzi alle esigenze evangeliche della testimonianza e della missionarietà cui tutti i battezzati siamo chiamati, interroghiamo Dio dicendo: è giusto che io lasci la famiglia, la casa, i miei figli, la pulizia, la cucina o magari il lavoro per annunciare il Vangelo agli uomini? forse che la mia realizzazione cristiana non termina lì dove il Signore mi ha chiamato, senza bisogno di altri stimoli o esigenze? Pagare un tributo è sempre un peso, qualcosa di odioso: oggi Gesù mi invita a dare a Dio il giusto posto, così come spesso, per virtù o esigenza, per piacere o per timore, lo diamo al mondo! Diamo agli altri, al lavoro, al mondo… ciò che è loro; ma diamo a Dio ciò che è di Dio!
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare – CCC 2239-2240: È dovere dei cittadini dare il proprio apporto ai poteri civili per il bene della società in spirito di verità, di giustizia, di solidarietà e di libertà. L’amore e il servizio della patria derivano dal dovere di riconoscenza e dall’ordine della carità. La sottomissione alle autorità legittime e il servizio del bene comune esigono dai cittadini che essi compiano la loro funzione nella vita della comunità politica. La sottomissione all’autorità e la corresponsabilità nel bene comune comportano l’esigenza morale del versamento delle imposte, dell’esercizio del diritto di voto, della difesa del paese: Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto, il rispetto (Rm 13,7). “I cristiani… abitano nella propria patria, ma come pellegrini; partecipano alla vita pubblica come cittadini, ma da tutto sono staccati come stranieri… Obbediscono alle leggi vigenti, ma con la loro vita superano le leggi… Così eccelso è il posto loro assegnato da Dio, e non è lecito disertarlo!”. L’Apostolo ci esorta ad elevare preghiere ed azioni di grazie «per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità» (1Tm 2,2).
… e quello che è di Dio, a Dio – CCC 450: Fin dall’inizio della storia cristiana, l’affermazione della signoria di Gesù sul mondo e sulla storia comporta anche il riconoscimento che l’uomo non deve sottomettere la propria libertà personale, in modo assoluto, ad alcun potere terreno, ma soltanto a Dio Padre e al Signore Gesù Cristo: Cesare non è «il Signore». «La Chiesa crede… di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana».
Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini – CCC 2242: Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell’ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d’obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione tra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica. «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,21). «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5,29). Dove i cittadini sono oppressi da una autorità pubblica che va al di là delle sue competenze, essi non ricusino quelle cose che sono oggettivamente richieste dal bene comune; sia però loro lecito difendere i diritti propri e dei propri concittadini contro gli abusi di questa autorità, nel rispetto dei limiti dettati dalla legge naturale ed evangelica.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: Aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova – La nuova Gerusalemme: “E vidi la città grande, la Gerusalemme nuova, che discendeva dal cielo, da Dio, ornata come una nuova sposa fattasi bella per il suo sposo. E udii dal trono una voce possente che diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro, ed essi saranno il suo popolo e Dio stesso sarà con loro. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi; e non vi sarà più la morte né lutto né clamore, e neppure alcun dolore, perché il passato se n’è andato». E disse colui che sedeva sul trono: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose»” (Ap 21,2-5). “Si dice che questa città discende dal cielo, perché è celestiale la grazia con cui Dio l’ha fatta. Per questo egli le dice anche, per bocca di Isaia: Io sono il Signore che ti forma (Is 45,8). Ed è discesa dal cielo fin dal suo inizio, fin da quando i suoi cittadini hanno cominciato ad accrescersi via via, nel corso di questo tempo mondano, per la grazia di Dio che scende dall’alto ad opera del lavacro di generazione nello Spirito Santo mandato dal cielo. Ma nel giudizio di Dio – che sarà l’ultimo, operato da suo Figlio Gesù Cristo – il suo splendore, per dono di Dio, si rivelerà tanto grande e tanto nuovo da non lasciar nessuna traccia di vecchiezza: infatti, anche i corpi passeranno dalla vecchia corruzione e mortalità a una nuova incorruzione e immortalità” (Agostino).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Gesù ci sta dicendo che bisogna obbedire alle autorità che governano le nazioni. E la Chiesa lo ribadisce e lo afferma a chiare lettere. Ma vengono posti dei paletti nell’esercizio dell’autorità, che non può essere arbitraria, frutto di violenza e deve essere sempre tesa al bene comune. Per cui l’autorità «è esercitata legittimamente soltanto se ricerca il bene comune del gruppo considerato e se, per conseguirlo, usa mezzi moralmente leciti. Se accade che i governanti emanino leggi ingiuste o prendano misure contrarie all’ordine morale, tali disposizioni non sono obbliganti per le coscienze» (CCC 1903). Tra i tanti casi si può citare l’aborto intenzionalmente provocato; abominevole delitto (CCC 2273), che rimane in ogni caso, cioè sempre, gravemente contrario alla legge morale: «Fin dal primo secolo la Chiesa, ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L’aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale» (CCC 2271). Questa disobbedienza era già stata altamente proclamata dal Concilio Vaticano II. In modo specifico dinanzi alle atrocità delle guerra o del terrorismo, veri flagelli che ancora oggi in alcuni luoghi della terra continuano a produrre le loro devastazioni: «Davanti a questo stato di degradazione dell’umanità, il concilio intende innanzitutto richiamare alla mente, il valore immutabile del diritto naturale delle genti e dei suoi principi universali… Le azioni pertanto che deliberatamente si oppongono a questi principi e gli ordini che tali azioni vanno innanzitutto enumerati a questi principi e gli ordini che tali azioni prescrivono sono crimini, né l’obbedienza cieca può scusare coloro che li eseguono» (GS 79). O dinanzi all’intenzione di frenare in ogni modo l’accrescimento demografico: «Poiché molti affermano che l’accrescimento demografico nel mondo, o almeno in alcune nazioni, si debba frenare in maniera radicale con ogni mezzo e con ogni genere di intervento dell’autorità pubblica, il concilio esorta tutti ad astenersi da soluzioni contrarie alla legge morale, siano esse promosse o talora imposte pubblicamente o in privato» (GS 87). Proprio perché la coscienza non si baratta per un piatto di lenticchie, la Chiesa ha sempre reclamato come suo diritto quello di «predicare con vera libertà la fede e di insegnare la sua dottrina sulla società, esercitare senza ostacoli la sua missione tra gli uomini e dare il suo giudizio morale, anche su cose che riguardano l’ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e della salvezza delle anime» (GS 76). E questo non è invasione di campo, ma fedeltà al Vangelo di Cristo!
Santo del giorno: 5 Giugno – San Doroteo di Gaza, Asceta: Monaco di Gaza e scrittore ascetico del VI secolo. Nacque ad Antiochia all’inizio del VI sec. da famiglia benestante e veramente cristiana. L’unica passione della sua gioventù fu quella per lo studio. Verso il 525 decise di abbracciare la vita religiosa ed entrò nel monastero fondato e diretto dall’abate Seridos nei pressi di Gaza dove si trovavano i celebri Barsanufio e Giovanni il Profeta, grandi maestri di vita spirituale. Verso il 540, dopo la reclusione totale di Barsanufio e il trapasso dell’abate Seridos e di Giovanni il Profeta, Doroteo lasciò il monastero e poco dopo ne fondò un altro tra Gaza e Maiuma, ove trascorse il resto della vita
Preghiamo: Interceda per noi, Signore, il santo vescovo e martire Bonifacio, perché custodiamo con fierezza e professiamo con coraggio la fede che egli ha insegnato con la parola e testimoniato con il sangue. Per il nostro Signore