2 Giugno 2018 – Sabato, VIII del Tempo Ordinario – (Gd 17.20-25; Sal 62[63]; Mc 11,27-33) – I Lettura: Giuda interviene con forza per esortare e incoraggiare di fronte ai pericoli portati da falsi dottori che distraggono dalla fede cristiana. Il loro aderire a Cristo non è sincero, ma frutto di una ricerca ambigua ed egoistica che tenta di piegare le esigenze evangeliche ai propri interessi e alle proprie voglie. L’apostolo ricorda su chi è fondata la loro fede e invita a soccorrere coloro che per fragilità si lasciano sviare dalla vera ortodossia. Salmo: “Davide nel deserto, intento alle cose di Dio, prefigura il Cristo e la sua passione. Dio è il Dio di tutto il mondo, ma è il mio Dio, perché lo conosco” (Ilario). Vangelo: L’autorità del profeta è la sua Parola. Il vero profeta annunzia una parola eterna, che sempre si compie, mai viene meno. Il Vangelo è la profezia eterna di Gesù Signore. Essa è la sola Parola vera su tutta la terra. Capi dei sacerdoti, scribi e anziani chiedono a Gesù con quale autorità Lui agisce e opera. Questa domanda ha una sola risposta: con l’autorità del vero profeta.
Chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso – Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?». Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi». Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Diciamo dunque: “Dagli uomini”?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose».
Riflessione: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo…». Gesù non si sottrae alle domande degli avversari, anche quando sa benissimo che dietro tali domande non vi è una sincera ricerca della verità ma soltanto desiderio di cogliere in fallo il Maestro ed avere così dei capi di accusa contro di lui: possiamo pensare a quando gli presentano la donna adultera (cfr. Gv 8,6), o a quando lo interrogano sul tributo da dare a Cesare (cfr. Lc 20,20). Le risposte di Gesù non hanno la finalità di mostrare la sua superiore sapienza, né quella di umiliare gli avversari: Gesù, che non vede mai gli uomini come avversari ma sempre come figli e fratelli infinitamente amati, cerca sempre di indurli al pentimento, cerca di illuminare le loro coscienze, cercando sempre il bene dell’altro e mai il proprio interesse (cfr. 1Cor 10,24.33; Fil 2,4). In questo episodio, narrato dal Vangelo odierno, Gesù risponde agli interlocutori che gli chiedono conto dell’autorità con cui compie i suoi gesti, ma risponde facendo loro una domanda ben precisa. Lo scopo di tale domanda è quella di far fare un esame di coscienza, mostrare agli uomini la logicità del suo operato. Come negli altri episodi sopra citati, Gesù vuole che siamo noi stessi a dare le risposte giuste: vuoi condannare una peccatrice? Condannala pure, Gesù non lo vieta, ma chiediti se prima di condannare il prossimo meriti anche tu una condanna, chiediti se sei senza peccato prima di scagliare la pietra verso il tuo fratello! E così anche per quanto riguarda il tributo all’imperatore, essi stessi sono chiamati a dire chi è raffigurato nella moneta del tributo. Andiamo al nostro quotidiano, mettiamoci alla luce della Parola: anche noi a volte siamo tentati di rivolgere domande a Dio, non per avere sapienza e cercare la verità, ma per chiedere conto del suo operato, del suo agire a volte misterioso, inatteso, disorientante. Gesù non si sottrae alle nostre richieste, ma ci pone dinanzi la nostra coscienza: cosa ci turba? cosa ci inquieta di Dio? Perché temiamo, perché non capiamo, non scorgiamo la sua presenza? Il Maestro ci invita a guardarci dentro: davvero ci fidiamo di lui, davvero siamo pronti ad ascoltarlo, siamo pronti a obbedire alla sua voce?
La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle? – Giovanni Paolo II (Omelia, 22 Marzo 2000): La culla di Gesù sta sempre all’ombra della Croce. Il silenzio e la povertà della nascita a Betlemme sono una cosa sola con il buio e il dolore della morte sul Calvario. La culla e la Croce sono lo stesso mistero dell’amore che redime; il corpo che Maria ha posto nella mangiatoia è lo stesso corpo sacrificato sulla Croce. Dov’è dunque il dominio del “Consigliere ammirabile, Dio potente e Principe della pace” di cui parla il profeta Isaia? Qual è il potere al quale si riferisce Gesù stesso quando afferma: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra” (Mt 28,18)? Il Regno di Cristo “non è di questo mondo” (Gv 18,36). Il suo Regno non è il dispiegamento di forza, di ricchezza e di conquista, che sembra forgiare la storia umana. Al contrario si tratta del potere di vincere il Maligno, della vittoria definitiva sul peccato e sulla morte. È il potere di guarire le ferite che deturpano l’immagine del Creatore nelle sue creature. Quello di Cristo è il potere che trasforma la nostra debole natura e ci rende capaci, mediante la grazia dello Spirito Santo, di vivere in pace gli uni con gli altri e in comunione con Dio.
L’autorità di Gesù trasmessa agli Apostoli – Giovanni Paolo II (Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis, 14): […] già durante il suo ministero pubblico e poi in pienezza dopo la morte e risurrezione, Gesù conferisce a Pietro e ai Dodici poteri del tutto particolari nei confronti della futura comunità e per l’evangelizzazione di tutte le genti. Dopo averli chiamati alla sua sequela, li tiene accanto a sé e vive con loro, impartendo con l’esempio e con la parola il suo insegnamento di salvezza e, infine, li manda a tutti gli uomini. E per il compimento di questa missione Gesù conferisce agli apostoli, in virtù di una specifica effusione pasquale dello Spirito Santo, la stessa autorità messianica che gli viene dal Padre e che gli è conferita in pienezza con la risurrezione: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo». Gesù stabilisce così uno stretto collegamento tra il ministero affidato agli apostoli e la sua propria missione: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato»; «Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato». Anzi, il quarto vangelo, nella luce dell’evento pasquale della morte e della risurrezione, afferma con grande forza e chiarezza: «Come il Padre ha mandato me, così io mando voi». Come Gesù ha una missione che gli viene direttamente da Dio e che concretizza l’autorità stessa di Dio, così gli apostoli hanno una missione che viene loro da Gesù.
La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Sta’ certo: ogni cosa viene da Dio. E invero senza Dio non c’è il mondo, perché il mondo è stato fatto per mezzo di lui [Gv 1,10]; ma, sebbene sia stato fatto da Dio, le opere del mondo sono malvagie, perché il mondo è in mano al Maligno: l’ordinamento del mondo proviene da Dio, le opere del mondo provengono dal Maligno. Nello stesso modo il potere viene da Dio, ma l’ambizione del potere dal Maligno. Così: Non vi è autorità – dice l’Apostolo – se non da Dio, e quelle che esistono sono ordinate da Dio: non date, ma ordinate; e ancora: Chi resiste all’autorità si oppone all’autorità di Dio [Rm 13,1-2]. Anche qui, benché il diavolo dica che egli dà il potere [cfr. Lc 4,6], non nega che questo gli è stato permesso temporaneamente. Chi gliel’ha permesso l’ha ordinato, poiché non è malvagio il potere in sé, ma chi ne fa cattivo uso. Dice l’Apostolo: Non volete temere l’autorità? Fate il bene e riceverete elogi [Rm 13,3] … Non c’è dunque alcuna colpa nel potere, ma in colui che lo esercita; e non può danneggiare la disposizione di Dio, ma la condotta di chi amministra. Infatti, per scendere con un esempio dalle cose divine alle umane, ecco, l’imperatore conferisce degli incarichi e riceve lode: se qualcuno usa male dell’incarico, la colpa non è dell’imperatore, ma di chi ha quell’incarico. I delitti hanno il loro autore, però non la potestà, ma la condotta di ciascuno è in causa” (Ambrogio).
Silenzio / Preghiera / La tua traccia: I giudici di Cristo – Monaci Benedettini Silvestrini (Omelia, 29 Maggio 2010): Gli scribi e i farisei si ritengono i rappresentati qualificati della legge e di conseguenza si arrogano il diritto di tutelarne l’integrità. Gli insegnamenti di Cristo risuonano come novità inattese e indesiderate per loro; spesso si ritengono gravemente offesi dalle sue affermazioni. Il loro imbarazzo, che sfocia in rabbia e aperta contestazione, cresce nel costatare che molti, sempre più numerosi e devoti, seguono Gesù, lo riconoscono come vero profeta e soprattutto notano che “Egli parla con autorità e non come i loro scribi”. Questo confronto particolarmente li ìrrita, per cui affrontano Gesù con una precisa domanda: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?». Non potendo contestare le verità che Gesù afferma né negare i prodigi che compie, fanno appello all’autorità e alla gerarchia. Vogliono accusare Gesù di millantato credito, di abuso di autorità. Non gli riconoscono il diritto di rivelare al mondo la verità e di proclamare la legge nuova dell’amore. Si èrgono a giudici del Cristo, senza essere in grado di valutare con sapienza quanto sta accadendo nel loro mondo. Questa loro insipienza era già stata apostrofata da Signore: “Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?”. Abbiamo ancora un esempio di ottusità mentale e di cecità spirituale. Un mal’esempio purtroppo seguito da molti. Quanti presumono di giudicare Dio e vorrebbero essere suggeritori dei suoi comportamenti con noi. Quell’iniquo ed assurdo giudizio con cui scribi e farisei condannarono Cristo si perpetua nella storia: i timidi osanna dei suoi fedeli vengono spesso soffocati dalle grida di morte di pochi scalmanati. Il passaggio poi da Cristo alla sua chiesa è breve: non solo Cristo è motivo di scandalo e di contestazioni, ma anche coloro che lo rappresentano, i suoi ministri, i suoi seguaci. Tutto è stato già predetto dal Signore: “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”, ma ci è stata data anche una indefettibile garanzia: “le porte degli inferi non prevarranno”.
Santo del giorno: 2 Giugno – Sant’Erasmo di Formia, Vescovo e martire: “Fonti sicure attestano l’esistenza di un sant’Erasmo vescovo di Formia, martire al tempo di Diocleziano e Massimiano (303) e sepolto nella località costiera del Lazio meridionale. Di storico su di lui si sa, però, poco. La «Passio» che lo riguarda, compilata nel VI secolo, è leggendaria. Venerato nel Lazio e in Campania, è menzionato, oltre che negli antichi martirologi, anche nel Calendario marmoreo di Napoli. Nell’842, dopo che Formia era stata distrutta dai Saraceni, le reliquie furono nascoste nella vicina Gaeta. Quando furono ritrovate, nel 917, il martire venne proclamato patrono della diocesi del Golfo. Nel 1106 Pasquale II consacrò la cattedrale di Gaeta, dedicandola alla Vergine e a sant’Erasmo. È invocato contro le epidemie e le malattie dell’intestino per il fatto che, nel martirio, gli sarebbero state strappate le viscere” (Avvenire).
Preghiamo: Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…