liturgia

28 Maggio 2018

28 Maggio 2018 – Lunedì, VIII del Tempo Ordinario – (1Pt 1,3-9; Sal 110[111]; Mc 10,17-27) – I Lettura: Lo stile della prima lettera di Pietro è lo stile di un grande comunicatore: concreto, incisivo ed elevante. Il Greco, molto elegante, lascia intravedere l’apporto dello scriba, che Pietro stesso identifica con Silvano, il compagno di viaggi di Paolo. La lettera è indirizzata ai cristiani delle province romane in Asia Minore. Scritta in un tempo di persecuzione (non si è certi di quale possa trattarsi, una delle probabili è quella di Nerone che, pur se circoscritta alla città di Roma, avrà avuto ripercussioni anche nelle province), è di incoraggiamento a dei cristiani definiti “dispersi” e che subiscono ostilità in territorio pagano. Pietro ricorda loro il glorioso futuro avuto in dono con il battesimo che va atteso con una speranza viva, cioè attiva, quindi con desiderio e gioia nella consapevolezza che le sofferenze presenti non sono nulla in rapporto alla gloria che li attende. Salmo: “È il Salvatore stesso che parla: egli rende grazie al Padre perché la salvezza è stata accordata a tutti gli uomini. Si sa che la confessione nella Sacra Scrittura è sia un’azione di grazie che la confessione delle colpe” (Eusebio). Vangelo: La ricchezza, nella concezione ebraica, era simbolo della benedizione di Dio, da qui lo stupore dei discepoli all’affermazione di Gesù: se non entra nel regno dei cieli chi è benedetto da Dio già su questa terra, chi potrà sperare di entrarvi? Ma il messaggio di Gesù al giovane ricco è chiaro: se veramente desideri la vera Vita, se capisci che c’è qualcosa che vale più dei tesori di questa terra, devi essere pronto a rinunciare a tutto e a seguire il Maestro, nel suo cammino all’incontro con la croce. La Vita Eterna non è una gloria in più da aggiungere alla lista dei beni, ma un tesoro per cui bisogna essere pronti a rinunciare a tutto pur di ottenerlo.

 

Vendi quello che hai e vieni! Seguimi! – Dal Vangelo secondo Marco: In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

 

Riflessione: «Egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni». Chiariamo subito una cosa: la proprietà privata, il possesso di beni mobili o immobili, non è mai condannata da Gesù. Anzi sappiamo che anche lui si era organizzato in tal senso, e se è vero che non possedeva una tana o un nido dove poggiare il capo (cfr. Mt 8,20) è anche vero che aveva al seguito alcune donne, anche nobili, che lo assistevano con i loro beni (cfr. Lc 8,3), e sappiamo che si era organizzato anche con una cassa, in cui mettevano le offerte ricevute, che era gestita, seppur in modo disonesto, da Giuda Iscariota (cfr. Gv 12,6). Il problema si pone quando tali averi (siano essi beni materiali o siano beni affettivi come la famiglia, il lavoro, il rispetto umano…) prendono il sopravvento su Dio e sul desiderio, per quanto vero e sincero, di seguirlo. Ecco che qui come altrove nel Vangelo, Gesù ci mette in guardia sul tenere sempre al primo posto l’amore verso Dio e il prossimo (cfr. Mt 22,37-39), ci esorta a cercare anzitutto il suo Regno e la sua giustizia (cfr. Mt 6,33), sul mettere Dio prima di ogni affetto (cfr. Mt 10,37), sulla necessità di anteporre l’amore per Dio anche a se stessi (cfr. Lc 9,23). E chi pensa di poter servire Dio e Mammona (cfr. Lc 16,13), il Signore avverte che prima o poi saremo chiamati a scegliere e decidere da quale parte stare: se saremo liberi da ogni possesso, con un cuore povero e fiducioso in Dio, allora, felici, saremo pronti anche noi a lasciare le nostre reti (cfr. Mc 1,18), i banchi di lavoro (cfr. Lc 5,27), i nostri mantelli (cfr. Mc 10,50), le nostre anfore (cfr. Gv 4,28). Altrimenti, scuri in viso, tristi, ci allontaneremo dal Signore, dai suoi discepoli, dai suoi amici, dalla grazia.

La Parola di Dio commentata dal Magistero della Chiesa: Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò… – Benedetto XVI (Messaggio, 28 Marzo 2010): Nel racconto evangelico, San Marco sottolinea come “Gesù fissò lo sguardo su di lui e lo amò” (cfr. Mc 10,21). Nello sguardo del Signore c’è il cuore di questo specialissimo incontro e di tutta l’esperienza cristiana. Infatti il cristianesimo non è primariamente una morale, ma esperienza di Gesù Cristo, che ci ama personalmente, giovani o vecchi, poveri o ricchi; ci ama anche quando gli voltiamo le spalle. Commentando la scena, il Papa Giovanni Paolo II aggiungeva, rivolto a voi giovani: “Vi auguro di sperimentare uno sguardo così! Vi auguro di sperimentare la verità che egli, il Cristo, vi guarda con amore!” (Lettera ai giovani, n. 7). Un amore, manifestatosi sulla Croce in maniera così piena e totale, che fa scrivere a san Paolo, con stupore: “Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,20). “La consapevolezza che il Padre ci ha da sempre amati nel suo Figlio, che il Cristo ama ognuno e sempre – scrive ancora il Papa Giovanni Paolo II -, diventa un fermo punto di sostegno per tutta la nostra esistenza umana” (Lettera ai giovani, n. 7), e ci permette di superare tutte le prove: la scoperta dei nostri peccati, la sofferenza, lo scoraggiamento. In questo amore si trova la sorgente di tutta la vita cristiana e la ragione fondamentale dell’e-vangelizzazione: se abbiamo veramente incontrato Gesù, non possiamo fare a meno di testimoniarlo a coloro che non hanno ancora incrociato il suo sguardo!

Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio! – Giovanni Paolo II (Omelia, 30 Novembre 1994): Gesù afferma però per tutti la necessità di una scelta fondamentale circa i beni della terra: liberarsi dalla loro tirannia. Nessuno – egli dice – può servire due padroni. O si serve Dio o si serve mammona (cfr. Lc 16,13; Mt 6,24). L’idolatria di mammona, ossia del denaro, è incompatibile col servizio a Dio. Gesù fa notare che i ricchi si attaccano più facilmente al denaro (chiamato col termine aramaico “mammona”, che significa “tesoro”), e hanno difficoltà a rivolgersi a Dio: “Quanto è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel Regno di Dio! E più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel Regno di Dio” (Lc 18,24-25). Gesù ammonisce sul duplice pericolo dei beni della terra: cioè che con la ricchezza, il cuore si chiuda a Dio, e si chiuda anche al prossimo, come si vede nella parabola del ricco Epulone e del povero Lazzaro. Tuttavia Gesù non condanna in modo assoluto il possesso dei beni terreni: a lui preme piuttosto ricordare, a coloro che li posseggono, il duplice comandamento dell’amore verso Dio e dell’amore verso il prossimo. Ma, a chi può e vuole capirlo, chiede molto di più.

 

La Parola di Dio commentata dai Padri della Chiesa: “Non si hanno da rigettare le ricchezze che devono servire a vantaggio del prossimo; sono possessi perché la loro caratteristica è di essere possedute e son dette beni perché servono al bene, e sono state preparate da Dio per i bisogni degli uomini. Esse dunque sono presenti, sono a portata, come materia, come strumento per servire ad un buon uso a chi bene le conosce. Se ne usi con intelligenza, lo strumento è intelligente; ma se manchi di intelligenza, partecipa alla tua mancanza di intelligenza, pur non avendone colpa. Un tale strumento, dunque sono le ricchezze. Ne puoi usare con giustizia: ti sono ministre di giustizia. Qualcuno ne usa ingiustamente? Scopriamo che sono ministre di ingiustizia. La loro natura è di servire, non di comandare. Non dobbiamo dunque rimproverare loro di non avere in sé né il bene né il male e di essere fuori causa; bensì dobbiamo rimproverare chi può usarne o bene o male come gli pare, cioè la mente e il giudizio umano, che è libero in sé e padrone di usare delle cose a lui concesse. Nessuno cerchi dunque di distruggere la ricchezza, ma le passioni dell’anima, che non permettono l’uso migliore dei beni, non lasciano che l’uomo sia veramente virtuoso e capace di usare rettamente della ricchezza. L’ordine dunque di rinunciare ai nostri beni e di vendere ciò che si possiede lo si deve intendere in questo modo: è stato impartito contro le passioni dell’animo” (Clemente d’Alessandria).

 

Silenzio / Preghiera / La tua traccia: Maria la Vergine povera – “Maria è povera perché dipende completamente da Dio. È la tutta povera perché scevra da ogni ambizione, da uno sguardo altero, da qualsiasi forma di presunzione; è semplice, attenta, premurosa, sollecita nel bene, attenta a custodire la Parola e i doni di Dio. La potremmo definire a ragione, e nel senso positivo del termine, la mendicante di Dio, seduta alla porta del suo Creatore” (L. O.).

 

Santo del giorno: 28 Maggio – San Paolo Hanh, Martire: “Cristo, ormai inchiodato in croce, promise al Buon Ladrone il Paradiso. Da ciò la Chiesa non ha mai escluso la possibilità di conseguire la vita eterna per coloro i quali, seppur non esemplari nel corso dell’intera vita, con la grazia divina si fossero convertiti al Vangelo. Esempio emblematico in tale direzione, a noi vicino nel tempo, è un fedele laico vissuto ed ucciso in odio alla sua fede cattolica nel lontano Vietnam: San Paolo Hanh. Nato a Cho Quan da una famiglia cristiana, Paolo si lasciò coinvolgere dai suoi due fratelli nella banda di ladri di cui erano a capo. È comprensibile come in tal modo non si guadagnò propriamente una buona fama, finché un giorno si ravvedette ed intimò ai suoi compagni di scorribande di restituire il maltolto ad una donna, cui avevano svaligiato la casa. Questi però rifiutarono la sua richiesta e per vendetta lo accusarono presso l’autorità di rapine e di trattative segrete con i francesi. Paolo Hanh venne dunque arrestato, ma negò le accuse rivoltegli. Quando però gli fu chiesto se fosse cristiano, non esitò ad ammettere la sua fede. Più volte invitato a rinnegarla, anche sotto pesanti torture, nulla riuscì a rimuoverlo dalla sua fermezza: la flagellazione, gli strappi di carne con tenaglie fredde ed arroventate, infine la decapitazione suggellarono il suo martirio in odio alla fede cattolica sotto l’imperatore Tu Duc. Era il 28 maggio 1859. Le sue spoglie trovarono sepoltura nel cimitero di Cho Quan. Il 2 maggio 1909 il pontefice San Pio X procedette alla beatificazione di un gruppo di Martiri Annamiti, tra i quali PaoloHanh, ed il 19 giugno 1988 Giovanni Paolo II canonizzò tutti i 117 martiri in terra vietnamita, la cui festa comune è celebrata al 24 novembre” (Fabio Arduino).

 

Preghiamo: Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Leave a Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *